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Omicron 2, il fattore genetico: come si spiegano le reinfezioni, chi corre i rischi maggiori

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Con la diffusione di nuove varianti del Covid, come Omicron, le percentuali di reinfezione sono aumentate in meniera vertiginosa. Prendere due o più volte il virus è sicuramente più probabile se non si è vaccinati, se ci si è vaccinati parecchio tempo fa oppure se ci si è ammalati molto tempo prima, magari con una variante diversa. Stando all'Istituto superiore di Sanità, i casi di reinfezione fino al 16 marzo sono stati 264.634, pari al 3% del totale. Un dato in crescita: fino al mese di dicembre, cioè prima dell'avvento di Omicron, le reinfezioni totali erano intorno all’1% dei casi.

 

 

 

Le reinfezioni hanno a che fare soprattutto con l'alta contagiosità di Omicron, ma non solo. Altri fattori sono il tipo di vaccino e di richiamo che si è fatto, la variante con cui ci si è infettati la prima volta, la presenza di altre malattie. Tutti questi elementi fanno sì che la probabilità di contagio cambi da persona a persona. "Molte persone ora si stanno contagiando con Omicron, pur essendo vaccinate, perché tutti i vaccini in uso si basano sul virus Wuhan che circolava due anni fa in Cina", ha spiegato al Corriere della Sera Mario Clerici, immunologo dell’Università Statale di Milano. Non ha aiutato, poi, l'arrivo da qualche settimana a questa parte di Omicron 2, che ha un tasso di trasmissibilità maggiore del 30% rispetto a Omicron 1. 

 

 

 

A pesare sulla possibilità di reinfezione, però, sarebbero anche le caratteristiche genetiche di ciascuno. Stando a Clerici, infatti, alcune persone sono maggiormente attaccabili dai virus: "La potenza della risposta immune è su base genetica e ciascuno di noi è unico in questo senso. Questa suscettibilità, anche se non si può generalizzare, di solito vale per tutti i virus".

 

 

 

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