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Missione russa in Italia, "ci serve vivo": l'inchiesta svela il vero obiettivo. Il 17 marzo 2020 la data chiave

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L’inchiesta di Andrea Casadio per il quotidiano Domani sta finalmente facendo luce sui segreti della spedizione russa avvenuta in Italia nel marzo 2020. Tutte le voci sullo spionaggio sono prive di fondamento: la verità è che Mosca aveva l’obiettivo di procurarsi il virus vivo e poi metterlo in coltura per fare degli esperimenti, finalizzati alla ricerca di un vaccino. All’epoca in Russia non si contavano più di una decina di casi di Covid, mentre l’Italia era il paese al mondo con il più alto numero di contagi.

 

 

La spedizione fu concordata da Vladimir Putin con Giuseppe Conte, che era alla guida del governo giallorosso: ufficialmente i due hanno concordato un piano di aiuti, ma in pratica il materiale che avevano portato a Bergamo non bastava nemmeno per mezza giornata. E allora che ci facevano i russi nella città che è stata il cuore della prima fase della pandemia? La risposta a Domani l’ha fornita un direttore di una Rsa vicino a Bergamo: “I russi ci hanno offerto di fornire dei tamponi che poi avrebbero processato in autonomia. Loro dicevano che disponevano di un laboratorio militare e che ci avrebbero pensato da soli. Io però ho pensato subito che quei dati potevano essere usati per fare delle ricerche, che insomma non si trattava solo di solidarietà”.

 

 

I russi sono riusciti a prelevare il virus da Bergamo? Non è chiaro, ma è qui che entra in gioco l’Istituto Spallanzani di Roma. Un biologo che conosce la vicenda e che ha preferito rimanere anonimo ha avanzato due ipotesi a Domani: “La prima possibilità che è i russi a Bergamo a fine marzo siano riusciti a ottenere un campione di virus vivo che poi sono riusciti a coltivare in vitro secondo il metodo messo a punto dallo Spallanzani, che qualcuno evidentemente gli ha insegnato; oppure qualcuno dello Spallanzani ha passato ai russi direttamente il ceppo virale in coltura, che era quello già isolato dagli scienziati italiani. Poi i russi, per mescolare le carte, si sono inventati la favola che avevano isolato il ceppo virale prelevandolo da un paziente a Mosca il 17 marzo, cioè cinque giorni prima del loro arrivo in Italia, perché qualcuno non sospettasse che il virus l’avevano ottenuto qui da noi”.

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