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Russia, la missione nell'Italia in lockdown del marzo 2020: cosa c'è dietro alle minacce di ieri del Cremlino

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Ieri, venerdì 19 marzo, le minacce del Cremlino all'Italia. Le "conseguenze irreversibili" nel caso in cui approvassimo nuove sanzioni (il riferimento è al gas, che verrebbe tagliato), gli insulti al "falco" Lorenzo Guerini e poi i riferimenti al Covid. "Ci avete chiesto aiuto al tempo della pandemia e ora vi schierate contro di noi", questo il senso dell'allusivo messaggio del Cremlino. E il riferimento era tutto alla misteriosa operazione dei Russi in Italia a marzo 2020, agli albori della pandemia. Una vicenda che molti ricorderanno e sul quale torna La Stampa, con un appassionante retroscena.

 

 

Il quotidiano ricorda come "alle sette di sera di venerdì 3 aprile 2020, il generale russo Igor Konashenkov - un uomo che è oggi uno dei quattro russi incaricati di gestire l'invasione in Ucraina, assieme a Vladimir Putin, al ministro della Difesa Sergey Shoigu, al capo delle forze armate Valery Gerasimov - pubblicò un post di duro attacco a La Stampa sul sito del Ministero della Difesa di Mosca". E perché mai? "La Stampa aveva raccontato, in una serie di inchieste, alcuni dati di fatto, sulla base di tante fonti politiche e militari convergenti. Uno, che la cosiddetta missione di aiuti russi all'Italia per il Covid era stata trattata direttamente da Vladimir Putin con Giuseppe Conte. Sabato 21 marzo del 2020 c'era stata una telefonata tra l'allora premier italiano e il presidente della Russia", ricorda il quotidiano.

 

 

Questi aiuti, che poi si sarebbero rivelati quasi del tutto inutili, sarebbero arrivati con una spedizione militare russa, su giganteschi aerei militari cargo atterrati a Pratica di Mare "con un security clearance (controllo doganale solo sulle merci)", sottolinea La Stampa. E ancora: "Dentro gli aerei vi sarebbero stati 22 autocarri militari e 120 medici militari russi, specialisti nella guerra batteriologica, alcuni provenienti da teatri di guerra". Il quotidiano diretto da Massimo Giannini ricorda come "il capo della missione era Sergey Kikot, già in guerra in Siria per la Russia, il generale a cui la Russia affidò la difesa di Bashar Assad al processo".

Il Cremlino chiamò l'operazione "Dalla Russia con amore". Ed è qui che La Stampa piazza il carico da novanta, ricordando come "diverse fonti di alto livello ce la presentarono come operazione di propaganda, con la sfilata (mai avvenuta prima in un Paese Nato) di camion militari e bandiere russe per seicento chilometri da Roma a Bergamo, e con possibilità molto seria di una operazione di intelligence, dissero diverse fonti on the record. Molti dei militari arrivati erano inquadrati nel Gru, i servizi segreti militari di Mosca". Insomma, Vladimir Putin vide nella pandemia una possibilità per infiltrarsi in Italia. E il sospetto, alla luce delle parole di ieri, è che quell'operazione di intelligence camuffata da intervento umanitario possa aver rivelato informazioni importanti ai russi. Come se nelle minacce della vigilia ce lo volessero ricordare...

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