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Agguati di Caserta, è rivolta

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Gli immigrati: italiani razzisti

Albina Perri
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Caserta - Sono sette i morti dei due agguati avvenuti ieri sera nel casertano, il primo nei pressi di Castelvolturno e il secondo a Baia Verde, due paesi distanti pochi chilometri l'uno dall'altro. Gli inquirenti ritengono che i due episodi sanguinari potrebbero avere la stessa matrice, quella della camorra. La prima aggressione si è consumata davanti a un negozio di prodotti etnici, l'"Ob Ob exotic fashions”,  ai danni di sei extracomunitari di origine africana, tre ganesi, un liberiano, un cittadino del Togo e un nigeriano, deceduto da poco dopo un breve ricovero all'ospedale di Pozzuoli. L'agguato di Baia Verde, invece, ha come vittima un italiano, Antonio Celiento, 53 anni, ritenuto affiliato al clan degli Schiavone dei Casalesi. L'uomo è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco proprio davanti alla sala giochi di cui era proprietario. Sia nella sparatoria di Castelvolturno che in quella di Baia Verde sono state usate le stesse armi: una pistola 9x21 e una mitraglietta 7.62. Nel primo episodio sono stati sparati 84 bossoli, mentre Caliento è stato crivellato con 20 proiettili, tutti dello stesso tipo. Secondo il coordinatore della DDa di Napoli Franco Roberti, la firma della camorra è quasi certa. A Castelvolturno un rifiuto, magari di fronte alla pretesa di una tangente supplementare, potrebbe aver innescato l'attrito fra extracomunitari e criminalità organizzata. Nell'episodio di Baia Verde, invece, potrebbe trattarsi di un regolamento di conti. Ma dopo la strage di ieri a Castelvolturno scoppia violenta la rabbia degli immigrati che, armati di bastoni, hanno frantumato le vetrine di alcuni negozi e rivoltato auto in mezzo alla strada, distruggendo i vetri di altre vetture ferme. “Italiani bastardi”, urlano a squarciagola, “Vogliamo giustizia, non è vero che i nostri amici ammazzati spacciavano droga o erano camorristi. Sono state dette tutte cose false”. Gli extracomunitari si difendono così da coloro che li accusano di essere spacciatori di droga implicati in affari sporchi con i camorristi del posto. Secondo loro è tutta una montatura, e dietro queste accuse ci sarebbero solo motivi razziali. “Noi siamo persone perbene, non è giusto che ogni volta che si parla di droga siamo noi i colpevoli e questo solo perché è nero il colore della nostra pelle. Questo è razzismo”. La protesta  degli immigrati è stata molto violenta e nemmeno la camionetta della polizia è stata risparmiata. Un gruppetto di africani ha preso a sassate gli agenti e ha sradicato i segnali stradali presenti nelle vie del posto. Gli abitanti di Castelvolturno e dintorni non parlano d'altro. Quando si tratta di camorra, però, regna l'omertà e tutti temono ritorsioni. “Qui abbiamo paura, paura di essere ammazzati anche davanti a un bar”, racconta un cittadino, “qui, quando si parla di camorra, è bene farlo a bassa voce”.  E in molti chiedono aiuto allo Stato, affinchè intervenga per sanare una volta per tutte la piaga della potente malavita locale. “Non serve l'esercito né le forze dell'ordine”, afferma un altro abitante, “servono le leggi, lo Stato, serve qualcuno che cancelli tutta questa omertà. Qui la gente non parla perché ha troppa paura di morire”. Nel frattempo, dopo una notte di sangue  e terrore, l''arcivescovo di Napoli e presidente della Conferenza episcopale campana, il cardinal Sepe,  ha rivolto un duro monito ai sicari della camorra - da lui paragonati a ''serpenti velenosi'' . “Deponete le armi: ciò con cui oggi uccidete, domani ucciderà anche voi e le vostre famiglie”, ha esortatob il cardinale rivolgendosi agli assassini. “Finché questi portatori di morte non saranno sconfitti”, ha aggiunto, “avremo sempre un cimitero riempito dall'odio e dalla violenza”.

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