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La mancanza di rispetto? Un segno dei tempi che corrono

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Stefano Sari
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Ha suscitato sdegno la notizia di qualche mese fa che in una scuola di Rovigo, durante la lezione, alcuni studenti hanno sparato dei pallini con una pistola ad aria compressa colpendo un’insegnante alla testa e a un occhio. E non solo, la scena fu ripresa con uno smartphone e il video diffuso in rete è diventato virale. Gli alunni coinvolti sono stati sospesi. Ciò che colpisce è che questi ragazzi sembra non provenissero da famiglie disagiate. Sarebbero giovani “normali” che hanno vissuto l’episodio come fosse un “gioco” senza rendersi conto della gravità del loro gesto, cioè irridere un’insegnante, un’autorità scolastica. In realtà si tratta di un fatto vergognoso che indica come la mancanza di rispetto verso qualsiasi autorità è un segno dei tempi. Sarebbe comunque sbagliato concludere che la mancanza di fiducia nell’autorità sia una prerogativa soltanto delle giovani generazioni. 

Bisogna dire che la sfida all’autorità costituita, in diversi consessi, è oramai un fenomeno di portata mondiale e continua ad accentuarsi ancora di più. Molti fanno prevalere i loro diritti più che le loro responsabilità. Oggi, persone di ogni età guardano qualsiasi autorità con sfiducia, se non con disprezzo, facendo propria la filosofia che ciascuno fa quel che gli pare senza riguardo per le conseguenze sugli altri. Questo genera una contagiosa irresponsabilità, una specie di delinquenza morale, non più frenata da alcun senso religioso o etico. Spesso gli episodi di cui sopra vengono minimizzati dagli adulti o peggio ancora dai familiari. Per quanto riguarda la scuola, i genitori non sempre accettano l’autorità degli insegnanti sui propri figli e se si cerca di impartire una qualche disciplina, ecco che partono le proteste. Non sono rari i casi di genitori che intervengono non semplicemente minacciando gli insegnanti, ma addirittura aggredendoli. Si può dire che la mancanza di rispetto nasce nella famiglia, dove spesso ai figli viene concesso il permesso di stabilire autonomamente le proprie norme e regole. 

Non stupisce quindi che “autorità” per molti sia una parola sgradevole che suscita una certa avversione verso chi la rappresenta e che molti considerino ogni forma di autorità come ingenitamente cattiva, qualcosa da tollerare e da disprezzare, se ne viene data l’opportunità. Una mancanza di rispetto che diviene spesso evidente allorché non si ubbidisce a quelle che sembrano leggiingiuste o si commettono “piccole” disonestà. Il rispetto è il sentimento di stima verso colui al quale è dovuto, sentimento suscitato dalla contemplazione del suo valore, della sua dignità e che gli va riconosciuto per la posizione che occupa. Se debitamente esercitata, l’autorità, definita come “potere o diritto di controllare, giudicare o vietare le azioni di altri”, può essere positiva sia per gli individui che per la collettività. Altra cosa è la deriva verso l’autoritarismo. Se le autorità civili operano per il bene della comunità, punendo quando è il caso i trasgressori e coloro che minacciano la sana convivenza, non si capisce perché non bisogna rispettarle. A volte non è facile ma è necessario.

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