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Corteo a Milano? Il saluto romano è spiacevole, ma non un reato

Iuri Maria Prado
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Nessuno nega che sia spiacevole assistere a un corteo pieno di gente con un braccio teso e l’altro che impugna una bandiera con la croce celtica, un simbolo purtroppo attribuito in esclusiva monopolistica al neofascismo ciabattone continentale e italico in particolare. 

Ma il fatto che a celebrazione della memoria di Sergio Ramelli, il ragazzo assassinato mezzo secolo fa da sicari comunisti, siano adoperati quei gesti e quei simboli non giustifica i provvedimenti di divieto invocati dalla teocrazia “partigiana” (la solita Anpi) che denuncia “l’esibizione fascista” richiedendone appunto l’inibitoria. A prescindere dal fatto che non si capisce in base a quale normativa sarebbe vietato tirare su il braccio o sventolare un bandierone con quel segno, resta che in un sistema democratico e liberale finché non si fa male a nessuno o si istiga a fare male ad altri - dovrebbe essere perfettamente legittimo, per quanto possa dispiacere, “esibire” i simboli politici, religiosi, ideologici di qualsiasi tradizione, anche la più vergognosa e detestabile.

La prossima volta quest’anno, come sempre, han perso l’occasione - gli antifascisti che chiedono divieti e galera per i camerati che ricordano a modo loro Sergio Ramelli potrebbero organizzare un loro corteo, con le loro bandiere, sempre che il vessillo antifascista sopporti l’onta di onorare il ricordo di un diciannovenne abbattuto dell’antifascismo. 

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