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Calabrone killer, due morti in pochi giorni: come proteggersi

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Claudia Osmetti
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Sabato sera, gli scampoli di un’estate afosa, fa ancora caldo perché a Filetti di Piedimonte San Germano, in provincia di Frosinone, il ciclone Betty non si è già fatto sentire. Le temperature sono da boccheggio anche se, alle 22, quando si sta fuori, quando si esce per quella leggera brezza con l’imbrunire, è tutta un altro cinema. Probabilmente pensa proprio questo, Rosa Mattia, 63 anni. Con suo marito va in giardino, dopo cena, a godersi quel filo di vento, sotto una pianta: cosa mai le potrà succedere? E invece la punge, all’improvviso, un calabrone. Manco il tempo di sentirlo arrivare, anche perché lei, la signora Rosa, a quel punto avrebbe preso delle contromisure. Sarebbe rientrata o avrebbe preso del Bentelan: ce l’ha lì, a portata di mano, gliel’ha consigliato il medico. Ma non fa in tempo. Un pizzico, una reazione allergica: muore così, la signora Rosa.

Nel giardino di casa sua, a causa di una puntura d’insetto, in pochi minuti, col marito che s’accorge subito, che pure corre dentro, apre velocemente il mobiletto dei medicinali per recuperare quel benedetto Bentelan, ma oramai, quando la raggiunge, di nuovo, è troppo tardi. Torna da lei e non c’è più niente che possa salvarla. È inutile anche la chiamata al 118 (che pure è tempestiva), sono inutili l’ambulanza e i medici e i paramedici che accorrono immediatamente, a sirene spiegate, ma a cui non resta altro se non costatare il decesso di quest’anziana sfortunata che cercava solo un po’ di rifrigerio nel terreno davanti alla sua abitazione e ha trovato la morte fatta a forma di insetto.

 

 

 

ARRESTO CARDIACO

Una tragedia. Come una tragedia è quella del bambino tedesco di nove anni che a Costa Vescovado, vicino ad Alessandria, mentre era in vacanza con la sua famiglia, la settimana scorsa, è stato punto al collo da un altro calabrone ed è morto per un arresto cardiaco, conseguenza dello shock anafilattico. E come una tragedia è quella della donna di 89 anni che, a San Benigno Canavese, ancora in Piemonte, è entrata in coma dopo essere stata punta (anche lei) da un calabrone, solo che era il 2019, e le sue condizioni si sono mantenute stabili ma gravi, per quattro anni ed è deceduta pochi giorni fa: senza che si sia mai ripresa e tanto che ha passato gli ultimi quarantotto mesi della sua esistenza attaccata ai macchinari salvavita di una rsa di Vercelli.

Dice l’Iss (che è l’Istituto superiore di sanità) che, ogni anno, in Italia, cinque milioni di persone vengono punte da un insetto: la stragrande maggioranza se la cava con qualche escoriazione, qualche imprecazione, e una buona dose di scocciatura, ma niente di più. Tra i dieci e i venti casi, tuttavia, finiscono peggio: lo shock anafilattico, l’ospedale, la reazione allergica che, se non bloccata sul nascere, può portare a conseguenze fatali. Il calabrone (ma anche le api e le vespe), che appartiene alla sottoclasse degli insetti imenotteri, nel suo corpicino svolazzante ha una dose di veleno (composto da sostanze chimiche irritanti e tossiche) che generalmente non è sufficiente a farci star male. Epperò circa il 10% di noi può sviluppare sintomi come la dispnea, ossia la difficoltà respiratoria, la nausea e il vomito, su su, fino a quelle poche decine di soggetti sfortunati, sfortunatissimi, a cui la pressione arteriosa può calare drasticamente (il cosiddetto shock) tanto da procurarne anche la morte. È successo a Filetti di Piedimonte, è successo a Costa Vescovado ed è successo anche a San Benigno.

 

 

 

RIMEDIO CONTADINO

A questo punto, con la puntura già ricevuta, i rimedi non possono che essere farmacologici, bisogna intervenire coi medicinali (gli analgesici esterni se è poca cosa, l’adrenalina per via intramuscolare se l’allergia è grave) e chiamare i soccorsi. Inutile tergiversare. Semmai qualche trucchetto anti-calabrone (ma anche anti-api e anti-vespe), che viene dal mondo contadino, vale per prima. Vale, insomma, per la prevenzione. Uno consiste, per esempio, nel riempire una bottiglia di plastica di un miscuglio di miele (meglio grezzo) e birra, sigillarla in modo da lasciare solo un piccolo varco aperto: l’insetto sarà richiamato dal profumo, troverà facilmente la via d’accesso, ma non quella di fuga. Una trappola. Chi la usa, spergiura che funziona.

 

 

 

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