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Brandizzo, la Croce-simbolo della tragedia non intende sparire

Renato Farina
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Non so cosa le sta saltando in mente. Ma la Croce continua a non riuscire a stare in pace sotto i sassi e trai binari della massicciata dove una locomotiva ha travolto a Brandizzo (Vercelli) cinque operai prima dell’alba di giovedì 31 agosto. Ci parla. Non risulta che di solito dica cose diverse dalla speranza, pur essendo il segno di una morte atroce. Così, dopo essersi fatta sentire dalle parti di quei binari già due volte, ieri si è fatta udire ancora. E il merito è di una straziante, luminosa intervista di Giusi Fasano a Massimo Laganà, muratore, padre del più giovane delle vittime, che si chiamava Kevin e aveva 22 anni. Dice quest’uomo che non sa neppure lui come si regga in piedi, ma ora sta attaccato a un ciondolo che non è un ciondolo, ma qualcosa di più. Si può dire che è una reliquia?

Racconta: «C’è voluto qualche giorno prima di trovare la forza di andare in quella stazione. Sono arrivato, ho visto tutto quel bianco... Ogni chiazza bianca un resto umano... Ce n’erano così tante che mi mancava il respiro. Ho messo i piedi dove mio figlio li aveva messi quella sera». Ed ecco qualcosa di piccolissimo appare smosso dal forcone. «Il ciondolo d’argento della catenina che avevo regalato a Kevin. È una croce. L’ho trovata lì, accanto ai binari». (Corriere della sera di ieri, 5 settembre, prima pagina, titolo: “La sua croce sui binari”). Chiede la cronista: qual è la prima cosa che ricorda di suo figlio? «La bontà». Perché lui, allora? Mezz’ora prima di quel siluro di ferro che ne ha frantumato il corpo aveva mandato al papà un messaggio via Tik Tok: «Papà ti amo». Perché uno così a brandelli tra le traversine?

 


Racconta il signor Massimo che Kevin quella sera, prima di uscire per aggiustare i binari, era in pensiero per Michael: «Papà, mi sembra un po’ depresso». Avevano deciso di invitarlo a cena. C’è bisogno di un altro perché? Sì: perché? Perché proprio lui, uno di cui il mondo ha bisogno per vivere ancora? Michael Zanera, 34 anni – ricordo- la notte precedente la morte di tutti loro aveva inviato su Tik Tok una fotografia con una croce lucente che balza su dalle fiamme e queste parole: «È la prima volta che mi succede, mentre saldo la rotaia mi è uscito un crocifisso. Dio mi vuole dire qualcosa sicuramente nonostante lo richiamo tutti i giorni ultimamente perché non è un bel periodo per me». Perché Michael? Un segno luminoso a dire qualcosa? Non è che attraverso di lui parlava a tutti noi?

 


Giusi Fasano aveva raccolto anche la testimonianza della mamma di Michael, Rosalba Faraci, di 61 anni: «Io non giudico nessuno, tantomeno lui (il caposquadra, oggi indagato per il disastro, ndr). È un lavoratore, era lì per dare da mangiare ai suoi figli e immagino che oggi sia un uomo morto dentro. Non mi permetto di buttargli la croce addosso. Spero che si vorrà guardare a tutto il sistema della sicurezza, anche più in alto di lui. Spero che il sacrificio di mio figlio e degli altri almeno non sia stato invano, che le cose possano migliorare perché nessun altro muoia mai più come loro». Dice anche lei “croce”. La croce non la si deve buttare addosso a nessuno. Ma essa ci parla. E ci ha parlato in Rosa, in Massimo, e prima in Kevin e Michael. Fantasia? E chi se non quel Nazareno, inchiodato a suo tempo ai legni del Calvario, e poi appeso a quella luce bianchissima nell’incandescenza dei binari, quindi al ciondolo d’argento regalato da un papà, e poi risorto dentro la testimonianza di una madre e di un padre in lutto ma carichi di amore e pietà?

C’è un romanzo, capolavoro del Novecento. Autore Thornton Wilder, vincitore di tre premi Pulitzer. S’intitola “Il ponte di San Luis Rey” (1927). Il ponte di corde e vimini che da secoli consentiva il passaggio dei viandanti sul percorso da Cuzco a Lima si spezza il 20 luglio del 1714. Fra’ Ginepro vede davanti a sé cinque persone cadere e appaiono ai suoi occhi formiche gesticolanti. Lui è stato risparmiato. Perché loro? Indaga sulla storia di queste persone. Per sei anni raccoglie aneddoti, ricordi, lettere. La domanda delle domande: chi erano quei cinque e perché si trovarono proprio lì? Sull’orlo dell’eresia crede di poter rispondere. Non è una cattiva risposta. C’era molta bontà in loro.

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