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Strage di Mestre, "l'autobus non è caduto per il guardrail"

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Simona Pletto
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Resta senza indagati il fascicolo per omicidio stradale plurimo aperto dalla Procura di Venezia sul disastro dell’autobus con 36 turisti a bordo, precipitato dal cavalcavia a Mestre. Ieri tutte le 21 vittime sono state identificate, mentre due dei 15 feriti lasceranno la terapia intensiva (5 di loro sono ancora in condizioni critiche). Le salme delle vittime sono state messe a disposizione dei familiari per il rimpatrio. Per gli inquirenti, resta aperta la pista del malore del conducente e di un guasto tecnico al pullman elettrico. Intanto ieri è stata eseguita l’autopsia sul corpo dell’autista italiano, ma si dovranno aspettare gli esiti di questi accertamenti che dovrebbero aiutare a far luce su quanto accaduto poco prima del volo di quindici metri dal cavalcavia. Quello che ancora manca è una ricostruzione che possa stabilire con certezza le cause dell’incidente ripreso dalle telecamere di sorveglianza.

LA TESTIMONIANZA
Ieri è arrivata la testimonianza del conducente del mezzo affiancato dal pullman di turisti pochi secondi prima della caduta. «Io sono quello che nel video dell'incidente è fermo al semaforo», ha dichiarato, «ho visto il pullman sopraggiungere alla mia destra, poi uno sbuffo di fumo ed è caduto nel vuoto». Per gli inquirenti, sotto osservazione restano anche le batterie al litio e il guardrail che non è bastato a frenare il pullman. Oltre a quel “buco” di quasi tre metri tra un parapetto e l’altro, punto in cui è precipitato l’autobus che arrivava da Venezia e che avrebbe dovuto portare i turisti nel vicino campeggio. «I tecnici che verranno nominati per perizia sul guardrail, valuteranno il cosiddetto “buco”». Ha detto ieri il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi, che ha ribadito, ancora una volta, quanto saranno importanti le dichiarazioni dei superstiti per ricostruire la dinamica dell’incidente. «Non abbiamo alcun elemento per trarre conclusioni sul guardrail, per questo ci serve una perizia».

 

 



Sul parapetto sfondato dall’autobus, «troppo basso e vetusto», resta accesa la polemica. «Sono affermazioni inaccettabili quelle che ho letto», è la replica dell’assessore comunale ai trasporti, Renato Boraso. «Il bus non è caduto perché c’era un buco di un metro e mezzo nel guardrail. Quel buco è un varco di sicurezza, di servizio, previsto dal progetto originario del manufatto». «Vogliamo dire che senza il buco, la barriera avrebbe tenuto un mezzo in corsa, che sbanda, di 13 tonnellate?». A questa e ad altre risposte sta lavorando la Procura. «Non ci sono segni di frenata, né contatti con altri mezzi» ha precisato il procuratore. «La dinamica dell’incidente vede il bus toccare e scivolare lungo il guardrail per un cinquantina di metri, e infine, con un’ulteriore spinta a destra, precipitare al suolo». Le testimonianze escludono che il bus precipitato andasse veloce. «Il tratto stradale prima è in salita e comunque, oggettivamente, non permette alte velocità». Intanto il guardrail e il pullman sono stati posti sotto sequestro ed è stata anche acquisita la “scatola nera” che sarà al più presto esaminata. «Continuiamo a sentire i feriti», ha concluso Cherchi, «ma va tenuto conto che hanno perso i parenti, sono in condizioni fisiche e psicologiche molto delicate. Cerchiamo di mantenere un atteggiamento di equilibrio tra le esigenze delle indagini e quelle di ciascuno».

LE STORIE
Dietro a questa strage ci sono storie strazianti di persone che hanno perso la vita in quella gabbia di fuoco. Fratelli, genitori, amici. Cinque i bimbi uccisi tra cui uno di un anno e mezzo. Ci sono storie, come quelle di una coppia di sposi croati, che si erano sposati venti giorni prima e proprio in quell’ultima tappa del loro viaggio di nozze a Venezia hanno trovato la morte. Tra le vittime, una intera famiglia romena. Poi c’è quella piccola di tre anni ustionata che sta lottando tra la vita e la morte e che ha perso entrambi i genitori. Terribile. Tutti stranieri (9 cittadini ucraini, 4 romeni, 3 tedeschi, 2 portoghesi, un croato, un sudafricano) tranne l’autista del bus, unico italiano. Si chiamava Alberto Rizzotto, aveva 40 anni, era nato a Conegliano ma residente a Vazzola nel Trevigiano. I colleghi lo piangono: «Era un professionista esperto». Per loro non può essere stata una sua distrazione la causa della tragedia. 

 

 

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