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Mafia, sorveglianza attenuata per Lo Piccolo

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Il giudice: "Occorre evitare trattamenti degradanti e inumani"

Eleonora Crisafulli
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Sospeso il regime di videosorveglianza totale per il boss Salvatore Lo Piccolo. Lo ha stabilito il Tribunale di Sorveglianza di Milano, accogliendo l'ordinanza della Cassazione dello scorso novembre. Nel carcere milanese di Opera, si spegne quindi la telecamera, che era stata installata nel bagno della cella, secondo le disposizioni del 41 bis. Degradante e inumano - Il giudice Giovanna De Rosa, primo in Italia, ha recepito il reclamo presentato da uno dei difensori di Lo Piccolo, Occorre assicurare il rispetto dei momenti di intimità personali, essendo da evitare trattamenti degradanti e inumanil'avvocato Maria Teresa Zampogna, per la “parte relativa alla videosorveglianza che non rispetta l'esigenza del detenuto anche nel momento di utilizzo della toilette”. Facendo proprie le considerazioni della Suprema Corte, il magistrato di sorveglianza ricorda che “occorre assicurare il rispetto dei momenti di intimità personali, essendo da evitare trattamenti degradanti e inumani". Inoltre non c'è "motivo di pensare che nel caso di specie occorra riprendere la vita del soggetto, anche nella toilette, con riguardo particolare al compimento di atti intimi”. L'incolumità del boss - A nulla è valsa la nota con cui la direzione del carcere aveva spiegato che la sorveglianza 24 ore su 24 era stata decisa per esigenze di sicurezza e di tutela dell'incolumità del detenuto. La telecamera era solo “una modalità diversa” di effettuare i controlli “rispetto a quello tradizionale e maggiormente invasivo (attraverso le feritoie alle finestre del bagno)”. L'avvocato Zampogna ha annunciato già che la sua prossima battaglia “riguarderà la luce accesa notte e giorno, un altro inasprimento del 41 bis, metodo qualificato dall'Onu in relazione a Guantanamo, come una tortura”.

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