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Giulia Cecchettin, Paragone: difendere le donne che denunciano e punire i colpevoli

Gianluigi Paragone
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Trovo abbastanza assurdo - e lo dico col massimo rispetto per le parti direttamente coinvolte dal barbaro omicidio di Giulia Cecchettin - che il dibattito ormai totalmente politico si sia sovrapposto a quello più stringente delle sanzioni contro chi si è macchiato di reati gravi contro una persona. Il tema urgente è: sappiamo proteggere le donne che denunciano?

Le accuse di genere - «gli uomini sono tutti colpevoli» - e le scuse di genere - «in quanto maschio chiedo perdono» - stanno trascinando in un parodistico melodramma una questione che è seria, e lo è per la gravità della fattispecie e soprattutto per la incapacità di fornire la giusta protezione verso la vittima. Nelle stesse ore in cui scoprivamo i dettagli dell’omicidio della povera Giulia, il numero di coltellate inferte, la morte per dissanguamento, la fuga dell’omicida, e in cui contestualmente si apriva il dibattito sulle responsabilità sociali dei maschi, in provincia di Como la cronaca ci consegnava un’altra storia di violenza compiuta ai danni di una giovane di 23 anni, presa a botte dall’ex fidanzato mentre rientrava al lavoro. Una colluttazione dura durante la quale l’aggressore le ha persino gettato addosso dell’acido muriatico. Se oggi quella ragazza può raccontare dall’ospedale l’accaduto è perché due operai di una azienda lì vicino sono intervenuti per proteggere la donna e bloccare l’uomo. «Non so come sarebbe finita se non fossimo intervenuti. Forse ora guarderemmo un telo bianco a terra».

Le cronache però ci dicono altro: l’aggressore, Said Cherrah, 25 anni, origini marocchine, aveva il divieto di avvicinamento alla ex fidanzata. E ad agosto era già stato arrestato per stalking. Cos’era accaduto? Era accaduto che, finita la relazione, l’uomo aveva iniziato a perseguitarla con appostamenti, con minacce e insulti. A seguito dei quali si era beccato la denuncia da parte della ragazza. Vorrei che si desse peso alla denuncia, perché sappiamo quanto sia importante quell’atto e anche quanto sia non scontato.

 

 

 

AMORE CON IL CRIC

L’uomo - dicono le cronache - era talmente “padronale” che, mentre la ragazza lo denunciava in caserma dei carabinieri, si era presentato fuori e aveva colpito con il cric la macchina della giovane. Da qui l’arresto e poi l’obbligo di dimora con tanto di divieto di avvicinamento. Il provvedimento però non deve aver provocato alcunché se l’altro giorno Said Cherrah ha aspettato la sua ex e, sempre secondo le cronache, l’avrebbe aggredita fino a gettarle addosso acido muriatico. Noi non possiamo dire alle donne di avere più coraggio nel denunciare, di stare attenti ai segnali di una crescente morbosità e poi però non garantire loro gli strumenti per una protezione efficace, perché i giornali sono pieni di storie come quella sopra raccontata. Se un arrestato con l’accusa di stalking viene rimesso in libertà dopo l’arresto, non si può sperare che faccia il bravo con un semplice divieto di avvicinamento, perché è più facile che la rabbia aumenti e finisca in tragedia.

Allora è su questo che dobbiamo essere credibili, non avvitandoci su processi generici. Le donne non vengono ammazzate perché genericamente i maschi sono tutti cattivi e violenti, ma perché c’è qualcuno che lo è, a danno di una persona che, dopo averlo denunciato, non viene adeguatamente protetta dallo Stato.

 

IL KILLER DELLE FIDANZATE

A fine luglio Luca Delfino, il cosiddetto killer delle fidanzate, è uscito di galera. Era entrato sedici anni fa per l’omicidio della fidanzata Antonella Muntari, uccisa con 46 coltellate. La pena è stata ridotta per la scelta di aderire al rito abbreviato e per una parziale instabilità mentale. Luca Delfino ora si trova in una struttura per nulla blindata, come lo è il carcere, tanto che da lì un “ospite” recentemente è scappato per poi tornare spontaneamente. Ora, secondo voi, come si può sentite la madre della vittima a cui Delfino aveva promesso che sarebbe andato a cercarla? 

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