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Italia, emergenza capre: gli studenti contano a fatica (e le ragazze leggono di più)

Francesco Specchia
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Esportiamo cervelli, alleviamo capre. Non c’è niente di più temibile di un’ignoranza in azione, dicevano gli iperattivi del romanticismo. Sicché, quando ieri la mitica indagine triennale Pisa (Programme for International Student Assessment) tra i paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha fotografato il crollo imprevedibile e verticalissimo della preparazione degli studenti nel mondo; be’, ecco che, per quel crollo, docenti, politici e detective della psicanalisi si sono affannati a cercare un movente.

Cosa porta le nuove generazioni ad essere così idrorepellenti allo studio? Prima la cronaca. Rispetto al 2018, qui si parla di un calo di -16 punti in matematica e -11 punti in lettura, in un’indagine condotta su circa «690mila studenti di 15 anni provenienti da 37 paesi Ocse e 44 economie partner. L’indagine, peraltro, è attiva dal 2000, e mai aveva registrato un calo così esteso dall’inizio delle rilevazioni». Mai. Sicché, in questo quadro già preoccupante, l’Italia si muove ancora nella media dei Paesi Ocse, anche se in peggioramento. Un peggioramento che si nota soprattutto, appunto, nella “matematica”, madre di tutte le materie Stem e metronomo della cultura tecnico/scientifica dei popoli. E lo si nota laddove il suddetto studio afferma: «La percentuale di studenti che raggiunge almeno il livello base in matematica è del 69% (media Ocse). L’Italia, quindi, con il suo 70%, si posiziona nella media, ma con forti differenze territoriali e di genere. Al Sud, infatti, la media è del 54%, al nord si attesta attorno all’82%». L’Italia, inoltre, è il Paese che esprime la maggior differenza di punteggio tra ragazzi e ragazze proprio in matematica.

 

 

 

UN GAP FORMIDABILE
Se è vero, infatti, che in media in tutti i paesi Ocse i ragazzi superano le ragazze di 9 punti in matematica, da noi si parla di più di 20 punti. Un gap onestamente pazzesco. Che rappresenta il più alto divario di genere al mondo; e che si riscontra pure nelle indagini sulla scuola primaria; e che sta aumentando invece di diminuire, almeno a detta degli esperti di Invalsi che pubblica questi mestissimi dati. Certo, più della metà della variabilità dei punteggi in matematica è dovuta a differenze individuali, ma anche le scuole contano (in Italia la variabilità tra scuole è del 40%). Nei licei, i ragazzi superano le ragazze in tutte le fasce di punteggio, mentre negli istituti tecnici nella fascia mediana e in quella elevata. Fortunatamente il rapporto Pisa non attizza l’apocalisse. Non del tutto, almeno.

Per contro, infatti, il Belpaese, in “Lettura”, si posiziona sopra la media (482 punti a fronte dei 476 della media Ocse), ma sempre «sotto Singapore, Irlanda, Giappone, Repubblica di Corea, Taipei, Estonia, Macao, Canada, Stati Uniti e Nuova Zelanda». Nelle competenze di lettura sono le ragazze a superare i ragazzi che capiscono meno di quel che leggono. In “Scienze”, invece, «siamo sotto la media Ocse, con 477 punti contro i 485 della media stessa. Poco sopra Turchia, Vietnam e Malta, ma al di sotto di Francia, Ungheria, Spagna, Lituania, Portogallo e Norvegia», recita sempre il Pisa. Ma, per tornare a bomba, a cosa è dovuto il calo di rendimento dello studente medio? «Colpa del Covid, e della didattica a distanza. Nelle lezioni da remoto i neuroni -specchio non si attivano, i bimbi non si relazionano e si rintronano...».

Così, svincolando sull’empatia e sui processi neurologici mozzati, la mia amica preside Paola Ebranati, già inviata speciale e visiting professor del ministero dell’Istruzione a Philadelphia, giustifica il rincoglionimento dei miei figli dinnanzi ai postumi dell’indimenticata Dad, evento assolutamente in linea col rapporto Ocse-Pisa. In effetti la suddetta ricerca è la prima fatta in modo capillare dopo la pandemia. Può starci, un crollo indotto da Covid. Aperta parentesi. Secondo un altro studio- stavolta Ipsos- elaborato dopo un anno di didattica a distanza, «oltre il 40% degli studenti aveva percepito un peggioramento nelle proprie attività di studio e il 65% faticava a seguire le lezioni. Il 96% durante la Dad aveva chattato con i compagni, l’89% era stato sui social media, l’88% aveva consumato cibo e il 39% aveva cucinato». Aveva cuci nato. Cioè: ci sono stati studenti che, mentre studiavano il Foscolo o la teoria degli insiemi, si facevano un uovo al tegamino. Tra le mancanze più evidenti insufflate dalla Dad c’è stata la distanza “relazionale” tra i compagni di classe e tra studenti e professori: 1 su 4 ha sofferto un inaridimento del rapporto e del dialogo con l’insegnante. Chiusa parentesi Covid (inteso come capro espiato rio della capritudine progressiva).

FATTORI DI STRESS
Ma, qui, statistici più attenti mi fanno notare che per la succitata possente impreparazione la causa potrebbe non essere soltanto il Covid, dato che «l’analisi dei trend prima del 2018 rivela che i risultati in Lettura e Scienze hanno iniziato a diminuire ben prima della pandemia» e «ciò indica che sono in gioco anche problemi di più lungo periodo». Per esempio: fattori di stress in tenso nelle scuole stesse; perdita diffusa della capacità di concentrazione; o aumento della competitività tra studenti che possa portare a stalli neurologici (l’Istituto Besta di Mi lano è pieno di bambini in cura per emicranie, e nei soli periodi scolastici...). Il rapporto Pisa evidenzia an che come i risultati migliori siano stati ottenuti dai Paesi che hanno evitato una chiusura prolungata delle scuole. Chiusura meno prolungata e minori problemi da remoto sono associati a un miglior rendimento in matematica. E in Italia il 63% degli studenti (media Ocse: 67%) ha affermato di aver «sentito i docenti disponibili in caso di richiesta», e il 77% (media ocse 76%) non ha avuto problemi a trovare supporto per i compiti scolastici.

A questo s’aggiunga l’altro dato abbastanza inedito: «I sistemi educativi che coinvolgono i genitori ottengono risultati migliori in matematica. Gli studenti con risultati migliori affermano anche di mangiare regolarmente con la propria famiglia durante un pasto principale e di trascorrere del tempo insieme a parlare». Cioè: più lo studente se ne sta nel bozzolo familiare, meno diventa ignorante. Un concetto controintuitivo, che farà felice il ministro della Famiglia Eugenia Roccella. La sostanza è che, giusto per guardare nel nostro orticello, in Italia, pur tenendo affannosamente le posizioni, registriamo un gender gap di preparazione assai preoccupante, specie considerati i tempi. Se poi consideriamo che i risultati migliori sono di Singapore (575 punti) seguito da Cina Macao, Cina Taipei, Hong Kong, Giappone e Corea; be’, peggio mi sento...

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