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Reggio Calabria, l'orrore: come la zittiscono dopo lo stupro

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Simona Pletto
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Prima le violenze sessuali, poi quelle familiari. Sì, perché i rampolli di ’ndrangheta pensano di poter fare quello che vogliono. Anche violentare ripetutamente in gruppo due minorenni. Quello che è successo per diversi mesi a due piccole vittime. È una storia terribile quella che si è consumata a Seminara, in provincia di Reggio Calabria, una cittadina nella Piana di Gioia Tauro.

Due ragazze sono state prima stuprate, poi una di queste è stata sottoposta a un terribile pressing psicologico da parte dei suoi stretti familiari, per convincerla a ritrattare la denuncia per gli abusi sessuali e le violenze subìte. Denunce che avevano portato un mese fa all’identificazione di 20 persone (tutt’oggi indagate), quattro di queste minori legati da vincoli di parentela a esponenti di vertice di cosche della ’ndrangheta. Un’operazione che risale al novembre scorso e denominata “masnada”. A finire nei guai, ora, sono stato il fratello, la sorella e i rispettivi compagni della ragazza che, assieme all’amica, tempo fa aveva denunciato il branco nel Reggino.

 

 

MASNADA
I familiari di una delle due minori hanno cercato in tutti i modi di ostacolare la collaborazione della sorella con la Polizia per proteggere la “masnada”, spingendola anche a compiere gesti autolesivi. Insomma, anziché proteggerla e trovare parole di conforto dopo lo stupro, le dicevano: «Ti devi suicidare». E quando hanno visto sfumare il tentativo di istigazione al suicidio, sono arrivati persino a costringerla a sottoporsi a una visita psichiatrica per farsi dichiarare non capace di intendere e volere. Insomma, la volevano far passare per pazza. Diabolico. Tutto questo, probabilmente, per timore di ritorsioni da parte delle famiglie criminali cui apparterrebbero alcuni indagati. Occorreva dunque insabbiare le violenza di gruppo subìte dalle due minori, a qualunque costo. Il piano dei familiari però è fallito: le loro denunce non sono state ritirate e anzi, ieri hanno portato gli agenti della Polizia di Palmi ad emettere quattro misure cautelari. Sono finiti così agli arresti domiciliari due donne e due uomini (tra cui fratello e sorella di una delle due vittime), indagati peri reati di violenza o minaccia per costringere a commettere reato ed intralcio alla giustizia, in concorso tra loro.


I poliziotti hanno accertato svariati e reiterati episodi di vessazione subìti dalla piccola vittima da parte dei propri familiari, in particolare dal fratello, dalla sorella e dai rispettivi compagni, che, contrari alla sua scelta di denunciare, hanno costantemente tentato di ostacolarne la collaborazione con gli investigatori, tentando in svariati modi di farle ritrattare quanto già dichiarato davanti all’Autorità giudiziaria.

PAZZA
Dalle indagini è emerso come gli indagati avessero tentato di costringere la ragazza, come detto, a sottoporsi a una visita psichiatrica, per rendere inutilizzabili ed inattendibili le dichiarazioni, attraverso minacce e ricatti. L’amica, più grande e oggi maggiorenne, dopo le violenze sessuali si è trasferita in Germania. Alcuni episodi di stupro sono stati filmati e finiti sul web. Tutto è venuto alla luce perché alcuni arrestati, nel periodo delle violenze, erano intercettati dagli agenti di Polizia per altri reati. L’attività investigativa, svolta anche grazie alle intercettazioni telefoniche ed ambientali, ha portato a ritenere che i tre giovani finiti ai domiciliari, tutti legati da parentela a vari esponenti di vertice di cosche di ‘ndrangheta, e il quarto arrestato, legato da vincoli di parentela ad un amministratore locale, abbiano compiuto violenze sessuali di gruppo ai danni delle due ragazze, reiterate nei confronti di una delle vittime ed almeno in un’occasione nei confronti dell’altra, avvenute tra l’estate 2022 e ottobre 2023. Non solo: durante le indagini è emerso che vi sarebbero altre vittime finite nel mirino del branco. Contestualmente all’esecuzione delle quattro misure cautelari, il personale della Polizia di Stato ha dato esecuzione a 16 decreti di perquisizione personale e domiciliare a carico di altrettanti indagati, accusati di aver partecipato alle violenze sessuali nei confronti delle due stesse vittime. Sono stati sequestrati diversi dispositivi elettronici, informatici e di telefonici, alla ricerca di ulteriori prove degli avvenuti stupri.

 

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