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Firenze-choc, "bimbo malato di mente": dopo sei anni si scopre che aveva problemi di udito

Simona Pletto
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Per anni ha vissuto come in una bolla. Che nessuno vedeva. Quel piccolo bimbo a pochi mesi sgranava gli occhioni guardando mamma e papà, senza riuscire a interagire con loro. «Suo figlio ha una malattia mentale», è stata la terribile diagnosi dei medici toscani quando aveva un anno di età.

Così per sei lunghi anni il piccolo è stato curato per problemi che non aveva. Invece colui che chiameremo Andrea non aveva alcun ritardo mentale, né era affetto da autismo. Più banalmente, era sordo dalla nascita. Un errore sanitario incredibile, se si considera che per l’appunto è durato anni. Anni di diagnosi sbagliate e trattamenti inutili, di cartelle cliniche che passavano da un ambulatorio all’altro, prima che i medici arrivassero a capire il suo vero problema di salute: l’udito. Incredibile.

DOLORE E PATEMA
La vicenda vede protagonista un bimbo toscano che oggi ha 20 anni e sua madre, una donna che non ha mai creduto alla malattia mentale del figlio e non si è mai arresa. Tanto da portare i medici responsabili di questa odissea in tribunale. Ora è arrivata la sentenza che solo in parte ripaga questa famiglia delle sofferenze. Il tribunale di Firenze ha riconosciuto la colpa dell’errore diagnostico ripetuto da parte di due strutture sanitarie (Ausl ospedaliera e centro specializzato privato), oltre all’errato trattamento sanitario e al conseguente ritardo nell’applicazione di protesi uditive. Ha stabilito un risarcimento di 70mila euro per il figlio, 20mila euro per il dolore e il patema vissuto dalla madre. «La signora voleva il riconoscimento dell’errore, anche se nessuno le ridarà mai quegli annidi calvario» spiega l’avvocato Chiara del Bono, che ha seguito la causa insieme al collega Pietro Frisani, dell’omonimo studio a Firenze. «Noi siamo soddisfatti per l’esito positivo della causa, anche se rimane l’amarezza per un giudizio che si è protratto, per il solo primo grado, per una inaccettabile durata di quasi sette anni».

 

 

Tutto ha inizio nel 2004. Andrea aveva come detto un anno di vita quando, su consiglio della pediatra, è stato sottoposto a una visita dell’udito. I medici del Centro di rieducazione ortofonica di Firenze e dell’ex Usl 11 di Empoli, in due diverse occasioni, non si erano accorti che era affetto da sordità. E infatti avevano ricondotto i disturbi del linguaggio a una patologia di natura mentale. «Pensavano fosse autistico - spiega l’avvocato Del Bono –. La madre ha vissuto anni davvero difficili. Il figlio ha manifestato fin da subito difficoltà di linguaggio. All’asilo parlava un gergo incomprensibile e non rispondeva ai semplici comandi. La mia assistita mi ha raccontato che era sempre isolato, non riusciva a giocare con gli altri bimbi.

La cosa che più le ha fatto male è stato quando il figlioletto le ha fatto capire che voleva giocare a basket. Ma non capiva l’allenatore, né gli schemi». Andrea andava alle feste di compleanno, ma faticava a interagire con gli altri bimbi, per cui veniva gioco forza isolato. Poi c’erano tutte quelle sedute “terapeutiche”, dal neuropsichiatra infantile alla psicologa, fino al logopedista: tutti lo trattavano come un autistico e quindi veniva sottoposto a inutili trattamenti neuropsichiatrici. Una Via Crucis. Col tempo Andrea si è sempre più chiuso nel suo mondo “ovattato”, convinto di essere “diverso”. Per lui non c’è stato gioco con gli amichetti, nessun corso di musica, nessun calcio al pallone.

 


TERAPIE SBAGLIATE
«Ma la mamma non si è mai arresa – continua il legale -. Aveva capito che il figlio non aveva problemi mentali. Aveva intuito che poteva avere invece una patologia legata all’udito. Ma sa, di fronte a due diagnosi che negavano la sordità del figlio... Come è potuto accadere? Guardi, resta un mistero». Dopo sei anni di diagnosi e terapie neuropsichiatriche sbagliate, la mamma ha deciso di rivolgersi all’ospedale delle Scotte di Siena. Questa volta non ha raccontato alcun pregresso del figlio. Qui i medici le hanno diagnosticato subito una “ipoacusia bilaterale”, cioè sordità di entità medio-grave. Così il piccolo ha iniziato le nuove e mirate cure. Parallelamente, la famiglia ha avviato la lunga battaglia in tribunale. Nella sentenza di primo grado la giudice Susanna Zanda ha precisato che: «Il bambino presentava una difficoltà del linguaggio... che non venne indagato in modo completo con gli esami oggettivi collaudati da decenni... tra cui i “potenziali evocati uditivi”, cui provvide la struttura Universitaria Ospedaliera di Siena ben sei anni dopo la prima visita, solo nel 2010». Gli imputati hanno già annunciato che si opporranno alla sentenza. Oggi il ragazzo, che nel frattempo si è diplomato e gioca a basket, utilizza degli apparecchi acustici per riuscire a sentire, anche se parla con limitazioni. Gli anni di cure sbagliate hanno lasciato il segno, gli hanno sottratto un’infanzia normale e hanno ritardato l’integrazione. Per questo «dentro ha ancora tanta rabbia». 

 

 

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