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Emozioni, sentimenti e le sfaccettature dell'amore

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Steno Sari
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Viviamo in un’epoca in cui l’inflazione non coinvolge solo la sfera economica, ma anche quella linguistica. La ripetizione meccanica di una parola aumenta la sua diffusione ma rischia di svuotarla di contenuto, significato, valore. Oggi la cultura digitale sta diseducando all’uso del linguaggio, inducendo a preferire i gesti alle parole, e il conseguente impoverimento lessicale sta depauperando gli individui della capacità di esprimersi. Non si possono pensare idee, né esprimere sentimenti e neppure descrivere emozioni se mancano le parole. Dobbiamo per esempio imparare a distinguere le emozioni dai sentimenti, concetti diversi fra loro, per durata e anche per intensità.

L’emozione, affine al verbo “muovere”, è un’agitazione interiore sempre veicolata da uno stimolo esterno, mentale o fisico, che dal di fuori di noi procede verso l’interno. La sua permanenza corrisponde al tempo di durata del fenomeno. È esattamente ciò che proviamo quando osserviamo una stella cadente o un tramonto incantevole. Ha una durata limitata breve e rapida, proporzionata al perdurare del fenomeno che la produce. Un processo mentale intenso che altera l’organismo. Controllarlo non è semplice: pensiamo alla rabbia, all’euforia, all’ansia o alla paura. Il sentimento, invece, ha un’origine endogena e il suo percorso è, contrariamente all’emozione, verso l’esterno. Richiede un certo grado di consapevolezza, è un sentire dell’anima, una condensazione di pensieri, che da ragioni diventano motivi. Il sentimento è una forza motivante che, originandosi nella persona, si muove verso l’esterno attraverso le azioni. Permane e persiste nel tempo e, se costantemente alimentato dal pensiero, cresce sempre di più fino a creare un’identità personale unica.

E l’amore? Ha diverse sfaccettature. Secondo il pensiero greco, Philia è l’amore tra amici, Storge è quello tra consanguinei, mentre Eros, con i suoi tre volti, è l’amore erotico: Anteros, l’amore erotico corrisposto, che diventa violento quando non lo è più, qualcosa a cui la cronaca ci ha tristemente abituato; Himeros, l’amore erotico passionale e irrefrenabile che, accecato dal desiderio, consuma l’azione del piacere senza pensare; Pothos, l’amore erotico malinconico, più idealizzato che reale. Questi tipi di amore sono condizionati da un interesse, non necessariamente illecito. Philia dall’amicizia, Storge dalla parentela, Eros dal piacere. Agape, invece, è l’amore che si distingue perché non dipende dall’amabilità dell’interlocutore, ma dalla nobiltà del soggetto. È l’amore che sa amare ciò che non è amabile e che non si aspetta d’essere ricambiato. Il fondatore del cristianesimo lo esemplificò nella capacità di sapere amare addirittura i propri nemici. Agape è un sentimento basato su principi quali giustizia, onestà, benessere, altruismo, perdono, che permette di perdonare chi ci ha offeso, di aiutare chi ci ha ferito, di rispondere al male con il bene. C’è da chiedersi: sappiamo veramente amare? 

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