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Alpi, il caso delle riserve idriche: ecco cosa sta accadendo negli invasi

Claudia Osmetti
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Messaggio urgente per i catastrofisti dello sci: toh, quella 2023/24 è una stagione d’oro e, per giunta, non si è ancora conclusa. Ché qui fioccano (è il caso di dirlo) allarmi a ogni passata di sciolina: il riscaldamento globale, il cambiamento climatico, la montagna così s’ammala, e signora mia lei non ci pensa ai ghiacciai sulle Alpi? Ecco, appunto. Partiamo da lì. Dai ghiacciai delle Alpi.

Rileva, la fondazione Cima, cioè il Centro internazionale del monitoraggio ambientale, che un accumulo di neve come quello degli ultimi dodici mesi non si vedeva dal 2012. E aggiunge l’osservatorio Anbi sulle risorse idriche che i valori superano quelli medi, per esempio in Valle d’Aosta l’indicatore Snow water equivalent (Swe) è di 1.300 milioni di metri cubi, in Lombardia è oltre il 26% dello standard, sul Brenta veneto si sono ammassati 200 milioni di metri cubi di manto nevoso.

 

 

Noi siam qui, a fondo valle, in questi giorni che sembra quasi estate, ma lassù, ai 2mila, ai 3mila, pure oltre, fa ancora freddo. Secondo le previsioni per i prossimi giorni a Livigno si tocca lo zero termico, sul passo del Tonale domani si scende addirittura sotto, a Cervinia la neve è attesa mercoledì e giovedì, a Cortina lunedì prossimo. Se fino a qualche mese fa il ritornello era l’allarme siccità, per la prossima bella stagione possiamo metterci l’anima in pace (e star tranquilli): i bacini alpini hanno attualmente un surplus di neve che diventerà acqua e andrà a rinfoltire quei fiumi che soffrono più di tutti le temperature alte di ferragosto.

Il Po, secondo Cima, quest’anno potrà contare su una quantità d’acqua del 29% maggiore rispetto alla mediana (che non è proprio la media ma un valore di mezzo) 2011-2022, il lago d'Iseo si è portato fino a ben 5 centimetri e mezzo sopra il massimo storico. mentre l’Adige conta un valore inferiore alla sua mediana del 4% che messa così sembrerebbe smorzare l’entusiasmo, epperò si tratta sempre del doppio di quello registrato nello stesso periodo l’anno scorso.

 

 

Sì, d’accordo: le premesse, a novembre, non erano delle migliori. E sì, è vero che un discorso diverso (diversissimo, praticamente opposto) vale per l’Appennino il quale è brullo da tempo. Ma sulle Alpi è andato (sta andando) tutto per il meglio, al punto che sono diverse le stazioni sciistiche che hanno deciso di non fermare gli skipass. Aprile, dolce dormire: ma anche sciare. E se non fa rima pazienza. Cervinia ha inaugurato le zigzagate coi carving prima di tutti (era metà ottobre) e chiuderà dopo che le altre avranno fatto altrettanto (ufficialmente il 5 maggio, in pratica «fino a quando le condizioni lo consentiranno», fanno sapere da quelle parti). A Solda, in Alto Adige, c’è tempo fino al primo maggio, pure sul Presena, in Trentino, la data è il 5.

Di smettere prima, non se ne parla. Anche perché è stata una stagione da incorniciare e non solo per la buona notizia della neve che è tornata. Sono tornati pure gli sciatori. Un po’ di maltempo (è fisiologico), le feste e il caro-sci (che è rincarato tutto, persino il biglietto per le seggiovie): eppure il bilancio è positivo un po’ ovunque. Alle Dolomiti Superki si sono registrati numeri in crescita «del 2% sulla stagione scorsa che era tra le migliori di sempre», spiega Andy Varallo, il presidente del comprensorio. Gli impianti del Friuli Venezia Giulia, e solo alla prima settimana dell’anno, avevano già un rialzo delle presenze «del 7%, si tratta di dati senza precedenti», commentava allora l’assessore regionale al Turismo Sergio Emidio Bini. La Ski Area Paganella (Trento) ha segnato un aumento del 2,6% per i primi ingressi e dello 0,45% per i passaggi totali; La Thuile valdostana un altro più 5%; festeggiano anche sulle orobie bergamasche e in val Badia. Ma chi l’ha detto che lo sci è morto?

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