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Mantoan, l'intervista: "Mi chiamano Fleximan e mi chiedono i selfie ma non sono un eroe"

Serenella Bettin
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È l’uomo accusato di essere Fleximan. In questi giorni il suo volto è finito su tutti i media nazionali perché sarebbe lui il responsabile dell’abbattimento di cinque autovelox nella zona del Polesine, in particolare in provincia di Rovigo. Si chiama Enrico Mantoan, ha 42 anni, di professione fa l’operaio manutentore e vive in un paese in provincia di Padova. Le forze dell’ordine, che per mesi hanno dato la caccia al misterioso vandalo, ritengono che a incastrarlo siano in particolare le telecamere di videosorveglianza di Rosolina, piccolo Comune rodigino immerso nel Delta del Po, proprio lì dove avrebbe messo a segno il suo ultimo colpo.

Era il 3 gennaio scorso. Ed erano le 21.30. Siamo lungo la statale 309, la famosa Romea all’altezza del chilometro 71,760. Fleximan si avvicina all’autovelox, un taglio netto e il palo viene giù. Perché questo è stato il suo modus operandi per mesi: con un flessibile piazzato a circa quaranta centimetri da terra, e con un intervento estremamente chirurgico, Fleximan segava i pali e lasciava intatti tutti i fili interni del dispositivo. Poi, con la più assoluta nonchalance, prendeva e se ne andava.

 

 

 

A Mantoan, come detto, sono in questo momento attribuiti cinque danneggiamenti di autovelox, tutti in provincia di Rovigo. Due a Bosaro, il 19 maggio e il 19 luglio dell’anno scorso, poi a Corbola e a Taglio di Po il giorno della vigilia di Natale e infine proprio a Rosolina, quello che secondo gli inquirenti che indagano sul caso avrebbe rivelato la sua identità. In Veneto, in totale, gli autovelox abbattuti sono stati ben sedici. E per mesi questa persona misteriosa ha fatto discutere, smuovendo anche le coscienze. Chi si schierava dalla sua parte, considerando i rilevatori di velocità più che altro strumenti utilizzati dalle amministrazioni per fare multe e quindi cassa, vessatori per i cittadini. Chi invece lo contestava, soprattutto le associazioni delle vittime della strada, che provavano rabbia per le sue “imprese” che eliminavano strumenti pensati per limitare la velocità delle auto.

Fra gli ammiratori, c’era addirittura chi gli dava indicazioni e consigli su quali autovelox abbattere. «Consiglio a Fleximan una tappa - scriveva una donna su Facebook - il velox sulla curva in Romea a 70 km orari, che mi ha rifilato ben nove multe» Perché in realtà lui, per il popolo, era diventato «il giustiziere degli automobilisti», «un eroe», «un nobile vendicatore». Al punto tale che in questi giorni proprio per Mantoan, sospettato di essere Fleximan, è partita una raccolta fondi «per pagare le spese legali». Ora infatti lui è indagato per danneggiamento e interruzione di pubblico servizio. E sempre in questi giorni su tanti media è stato dipinto come un bandito, un criminale, un delinquente, manco fosse il peggior terrorista di sempre. Ma lui chi è? Noi di Libero, in esclusiva, l’abbiamo intervistato.

 

 



Mantoan, intanto come sta?
«Sono sereno».

Come ci si sente a essere definito da tutti Fleximan? Come la sta vivendo questa cosa?
«Con gli occhi puntati addosso in ogni istante. Dopo la diffusione delle mie foto sui giornali e alla tivù, molti mi riconoscono al bar e per strada, mi fotografano, mi chiedono addirittura un selfie. Mi hanno chiesto di partecipare a trasmissioni televisive, mi vogliono in radio, mi inseguono per intervistarmi. Mi sembra tutto così irreale e strano. Stanno semplicemente facendo delle indagini e io sono semplicemente indagato, nulla di più».

Che effetto le fa essere considerato da qualcuno addirittura un eroe nazionale?
«Sono sempre stato abituato a pensare che gli eroi di oggi siano quelli che riescono a crescere i figli pur disponendo in casa di un solo stipendio. Sono i ragazzi che decidono di metter su famiglia e acquistare casa nonostante l’incertezza di un lavoro a tempo determinato. Sono i pensionati che dopo una vita passata a lavorare riescono a malapena a pagare le bollette. Sono quelli che assistono a casa un famigliare disabile. E potrei continuare. Di eroi è pieno, il nostro Paese».

Lei ha dovuto cambiare casa questi giorni?
«Mi è stato impossibile rientrare a casa a causa dell’assalto dei giornalisti e delle troupe televisive che si erano piazzate davanti, alla ricerca dello scoop. Per un po’ quindi ho deciso di stare altrove, ma quella è casa mia e spero di tornarci presto».

Che ne pensa dei media più che altro di sinistra che lo hanno sbattuto in prima pagina quasi fosse un mostro?
«Alla fine non mi stupisce. E' il modus operandi di fare informazione da parte della sinistra».

Cosa risponde a quella stampa che lo ha definito «bandito»?
«Che ho già dato mandato al mio avvocato di fiducia per procedere».

Perché questa mediaticità?
«E' il prezzo che si subisce quando sei di destra. Per la stampa di sinistra sono un criminale, un bandito. Poco gli importa del fatto che io sia semplicemente un indagato. Per loro, evidentemente, io già merito una condanna per il solo fatto di essere dalla parte sbagliata. Che io sia innocente o colpevole forse neppure gli importa. Non a caso, sono quelli che osannano la candidatura politica alle europee di chi è accusato di aver spaccato la testa a martellate a dei ragazzi di destra».

Veniamo a quella sera. Cosa ha pensato quella notte quando sono venuti a casa sua a prenderla?
«Nessuno è venuto a prendermi. I carabinieri si sono presentati a casa mia per una perquisizione. Sono stati molto gentili e mi hanno chiesto di consegnare il cellulare. Hanno sequestrato un cellulare e due tablet. Sui giornali e in televisione sono state dette tante inesattezze e falsità. Nessun sequestro di attrezzi o arnesi. Alcuni giornali hanno persino parlato di una mia confessione, ma è assolutamente falso».

Ma lei che vita ha? Che tipo è? È vero che ha fatto parte dei volontari dei Vigili del Fuoco?
«Svolgo un lavoro che mi tiene fuori casa quasi tutto il giorno, spesso anche la notte a causa delle reperibilità. L’esperienza come volontario nei Vigili del Fuoco è quella che più mi è rimasta nel cuore e che mi ha insegnato cosa significhi mettersi al servizio della comunità».

Già, la comunità. E quindi che cosa pensa degli autovelox?
«Che nella maggior parte dei casi si tratta di strumenti utilizzati unicamente per fare cassa, non certo per tutelare la sicurezza. Se l’obiettivo fosse realmente la sicurezza, i Comuni si impegnerebbero in primis nella manutenzione delle strade, che rimangono piene di buche e non vengono asfaltate».

Non ritiene la facciano?
«No, appunto: c’è poca manutenzione».

Perché quella sera ha scritto quel post: «Se son rose fioriranno, se son velox taglieranno»?
«Le vignette su Fleximan si sprecavano in quel periodo, giravano ovunque, su Facebook, su Whatsapp e nei vari social».

E adesso lei è indagato.
«Sì».

Cosa succederà?
«Ora il mio legale Giorgia Furlanetto è in contatto con un consulente informatico, che affiancherà la difesa».

 

 

 

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