Conclave, la mossa dei vescovi comunisti contro Parolin

I tradizionalisti Usa: "Il Vaticano riconosce 8 presuli nominati da Xi". Dall’Argentina: "Non è il delfino di Bergoglio". Le mosse dei vescovi rossi
di Dario Mazzocchigiovedì 1 maggio 2025
Conclave, la mossa dei vescovi comunisti contro Parolin
3' di lettura

La questione cinese, tanto grande quanto è esteso il territorio della nazione asiatica, che rischia di trasformarsi in una faccenda molto ingombrante per il prossimo papato, prima ancora che dal Conclave emerga un nome su tutti. Se tra questi poi, nelle tante previsioni che anticipano lo storico evento, spunta quello del cardinale Pietro Parolin, il tema diventa ancora più caldo.

Nelle vesti di segretario di Stato del Vaticano, Parolin ha giocato un ruolo chiave nelle trattative che nel 2018 hanno portato alla firma dell’Accordo provvisorio che ha stabilito nuove procedure per la nomina dei vescovi in Cina: un patto di collaborazione mai reso del tutto pubblico tra la Santa Sede e Pechino, rinnovato l’ultima volta lo scorso 2 novembre per un ulteriore quadriennio.

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Un accordo contestato dagli ambienti più conservatori della Chiesa e che oggi è al centro di un acceso dibattito che trova spunti soprattutto negli Stati Uniti del secondo mandato trumpiano, contrassegnato dalla guerra commerciale con la Cina. Tra i tanti gruppi di dibattito che si stanno dedicando alla questione c’è in prima fila il “Committee on The Present Danger: China (CPDC)”, che si ispira ai precedenti comitati che portano avanti istanze anticomuniste. La campagna Repeal the Deal, revocare l’Accordo, chiede che ne vengano portati alla luce tutti i termini e con essi gli effetti sulla comunità cattolica e più in generale cristiana sottoposta alle politiche oppressive del regime guidato da Xi Jinping, dove opera la cosiddetta chiesa patriottica, istituita nel 1957 dalle autorità comuniste per estendere il controllo sulle attività religiose. E poi c’è la underground Church, la comunità che sfida le regole imposte, fedele a Roma.

Con il trattato di collaborazione, è l’accusa giunta ieri dal CPDC, 8 vescovi nominati dal governo sono stati riconosciuti dalla Santa Sede, a discapito di quelli cattolici che hanno dovuto subire detenzioni e persecuzioni per il loro non allineamento. Invece di sostenere la “underground Church”, il Vaticano ha dato via libera alle persecuzioni, è il pensiero raccolto dalla conferenza online che si è tenuta ieri e durante la quale è stato citato proprio Parolin, «sostenitore del patto». L’altro nome ricordato è stato quello del cardinale emerito di Hong Kong, il 93enne Joseph Zen Ze-kiun, che già nel 2018 aveva definito la stretta di mano «un patto con il demonio». Il cardinale Zen, che nei giorni scorsi ha celebrato messa nella Grotte vaticane e ha sostato in preghiera sulla tomba di Benedetto XVI, interverrà alle congregazioni generali che precedono il Conclave e potrebbe discutere proprio dell’Accordo con la Cina.

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L’attivista americana Elizabeth Yore ha affermato che «il prossimo Papa deve rendere noti i termini e chiedere scusa ai cattolici» per le prevaricazioni a cui vengono continuamente sottoposti i fedeli cinesi in un silenzio assordante dai vertici vaticani. Quel silenzio, ha aggiunto il britannico Benedict Rogers di Hong Kong Watch, è emerso anche di fronte alle violenze nella metropoli nel 2020 e culminate con l’arresto di Jimmi Lai, imprenditore ed editore accusato di collusione con forze straniere e pubblicazione di materiale sedizioso per aver sostenuto le campagne democratiche che hanno raccolto giovani e cristiani.

Intanto dall’Argentina è arrivato un approfondito ritratto del cardinale Parolin, pubblicato sul quotidiano La Nacion dalla corrispondente Elisabetta Piqué, che può vantare un legame stretto con il connazionale Bergoglio. «I cardinali italiani che sono diplomatici o appartenenti alla curia vogliono assolutamente far diventare papa Parolin per mantenere i loro posti e perché sperano che lui possa riportare tutto sotto il controllo della Segreteria di Stato», le ha confidato una fonte.

Piqué rimarca come, negli ultimi mesi, Papa Franceso fosse mosso per lasciar intendere che non vedeva in lui un «delfino» e come non rappresentasse la sua scelta per il Conclave, sconfessando la narrazione della continuità che si instaurerebbe tra i due pontificati e già rilanciata dalla stampa italiana. «Parolin – ha commentato una seconda fonte - vuole presentarsi come la soluzione al modo di gestire l’economia di Francesco, considerato da molti sbagliato, il che è una falsità, perché dietro tutto lo scandalo dell’investimento milionario del cardinale Becciu a Londra, ad esempio, c’era Parolin, che era il suo diretto superiore e non lo ha impedito». Le questioni ingombranti si sommano.

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