È entrato Papa ed è uscito cardinale, Pietro Parolin, dal Conclave. Tradizione rispettata: chi è troppo favorito, se non incassa l’elezione nelle prime votazioni, è costretto a passare la mano. E così è stato per il segretario di Stato veneto.
Nella sua edizione di mercoledì 30 aprile, Libero aveva fotografato con precisione lo “stato dell’arte” alla vigilia delle votazioni per la scelta del successore di Francesco. La prima pagina la vedete riprodotta qui a sinistra. Titolo: «Parolin entra Papa».
Catenaccio: «Il segretario di Stato è il più accreditato per la corsa alla successione. È l’erede naturale di Francesco. Le voci in Vaticano: “Favorito? Sì, troppo...”». Appunto: ieri alla quarta votazione è stato eletto il cardinale americano Robert Francis Prevost. Un outsider, non certo uno dei nomi in prima fila alla vigilia dell’extra omnes.
Nell’editoriale, il direttore Mario Sechi riconosceva a Parolin il vantaggio di partire da un pacchetto di circa 50 voti. Tutt’altro che pochi, ma per garantirsi l’elezione ne sarebbero serviti altrettanti: «E se non prende il volo subito...». È andata proprio così, con la candidatura del segretario di Stato che, stando alle indiscrezioni, sarebbe tramontata già mercoledì sera. Così, solo per restare agli ultimi conclavi, c’è stato un solo cardinale che, dopo essere entrato papa nella Cappella Sistina, è effettivamente uscito papa: Joseph Aloisius Ratzinger, che avrebbe preso il nome di Benedetto XVI. La classica eccezione che conferma la regola: outsider era Albino Luciani (Giovanni Paolo I), outsider era Karol Wojtyła (Giovanni Paolo II), outsider era Jorge Mario Bergoglio (Francesco).