Venezia è diventata una città di cartapesta dove conta solo il denaro

Il controcanto: la verità è una sola e il matrimonio d’oro di Bezos ce l’ha sbattuta in faccia
di Luca Nannipieridomenica 29 giugno 2025
Venezia è diventata una città di cartapesta dove conta solo il denaro
2' di lettura

La verità è una sola e il matrimonio d’oro di Bezos ce l’ha sbattuta in faccia: Venezia non è più una città. È una zona di transito, di cartapesta, dove le persone vanno e vengono, e conta solo quanto spendono. Più spendono, più la città è contenta. Per rendere chiarissimo tutto questo, Venezia ha messo anche il ticket d’ingresso, una tassa per entrare. Esattamente come a Palmira, in Siria, la Venezia dell’antichità, la città dei mercanti dell’antichità, di cui ora esistono solo le rovine. Macerie archeologiche di duemila anni fa. Nient’altro.

I Bezos di un tempo andavano a Palmira: giravano tanti affari laggiù e si costruivano palazzi bellissimi. Oggi non è rimasto più nulla. Roma dura da millenni. Gerusalemme dura da millenni. Perché della ricchissima Palmira non rimane più niente? La storia è complessa, ma una cosa è chiara come il sole: Roma è sopravvissuta nei secoli perché ha salvaguardato pensiero e spirito, oltre che i denari. La Roma degli imperatori, dei papi, dei cardinali, costruiva palazzi per i ricchi, ma anche acquedotti, fontane per tutti, la caritas per i poveri, il diritto romano, un’eredità spirituale- a cominciare dalla fraternità cristiana - che nessun gabelliere poteva esigere a pagamento, perché produceva università, accademie, centri di sapere, biblioteche, teologie, scuole di pensiero, laboratori di politica: tutte cose invisibili che hanno permesso a Roma di perdurare nel tempo. Palmira, invece, era una città carovaniera, ricca di mercato, ed è morta perché viveva solo del mercato. Il potere si è spostato, le rotte sono andate altrove e tanti saluti. Un bacione ai palazzi dorati.

Si pensa che Venezia sia immortale perché ha i palazzi dorati sull’acqua e più si lustrano, più i miliardari come Bezos si sposeranno sul Canal Grande, dormendo sotto gli affreschi del Tiepolo a sette stelle. Che illusione da sciocchi! Che moneta forata stiamo vendendo! Le città d’arte, nel giro di pochissimi anni, stanno mutando in modo violento, indipendentemente dalla destra o dalla sinistra. Ho visto cambiare Venezia, ho visto cambiare sotto i miei occhi la mia amata Firenze, divenuta una città per me quasi ostile, dove avverto quasi un senso personalissimo della rapina, pagando il conto in trattoria, il parcheggio, la spesa al supermercato, vedendo gli affitti delle case, le telecamere ztl e i cartelli ovunque che dicono: qui serve il biglietto, qui puoi solo sostare, qui non puoi entrare. E in cambio, soltanto cartapesta, biglietti per eventi, mostre a pagamento, chiese chiuse o a gettone, un palcoscenico d’arte che non rilascia nulla se non il transitare di gente in visita. Lo chiamano: indotto turistico. Esattamente come in Siria, nella città carovaniere, duemila anni fa.

Sono un liberale, ma non un liberale sciocco. Venezia, Firenze e le città d’arte moriranno come Palmira, se il solo parametro che conta è la fattura dei commercianti. A differenza della Venezia attuale, che sembra solo una cartolina finta, la Roma dei Papi e dello Stato italiano insegna ancora una via diversa dalla cartapesta.

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