Avere il terrore di uscire di casa, rinunciare persino di andare a scuola perché potrebbe essere l’occasione per ritrovarsi faccia a faccia con il proprio incubo. Da oltre un anno V.C. minorenne, che vive con la famiglia a Firenze, viene perseguitata, letteralmente da H.N. (inziali di fantasia), giovane immigrato clandestino, tunisino, che la minaccia, tenta di aggredirla, la segue, terrorizzandola e costringendola ad una vita praticamente blindata. Questa storia, che ha accumulato denunce, verbali di accesso al pronto soccorso, richieste di aiuto ad associazioni, purtroppo diventa simbolo di una situazione che non è più solo un caso “sfortunato”, una vicenda brutta di cronaca, ma rischia di diventare endemica. Libero ha contattato la mamma di V.. La sua testimonianza è drammatica: «Non viviamo più, da quando è cominciato tutto questo, siamo noi i reclusi, siamo noi in carcere...
Mia figlia a quindici anni si è invaghita di questo tipo, lo vedeva come l’uomo forte, senza paura, fuori dagli schemi». E questo principe azzurro alla rovescia ha presto rivelato il suo volto peggiore: «La minacciava, la picchiava, l’ha plagiata e l’ha messa contro la nostra famiglia. Un tipo che vive per strada, che spaccia... E questo fino a pochi giorni fa», racconta al telefono con la voce che ogni tanto si spezza. Il 15 luglio V. va a scuola per un corso di recupero, l’ex le piomba addosso e la morde sul collo, sulle braccia, freneticamente. «L’abbiamo portata al pronto soccorso, nove giorni di prognosi».
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Quindici punti di sutura, ma poteva andare molto peggio. Ancora una aggressione in una stazione ferroviaria, questa volt...Racconto confermato da Gualtiero Nicolini, dell’associazione Scarpetta rossa. «La ragazza si è rivolta alla nostra associazione», spiega, «impegnata nel combattere la violenza di genere e le situazioni di grave disagio sociale che si vanno moltiplicando nelle nostre città. Tutto nasce da una breve relazione, cominciata oltre un anno fa durata circa cinque mesi, tra la ragazzina e il giovane clandestino. Lei ben presto deve rendersi conto della trasformazione del ragazzo: diventa violento, manesco, comincia a terrorizzarla, e quando lei decide di troncare ogni rapporto lui reagisce in modo preoccupante.
L’aspetta davanti la scuola, tanto che lei, per messi non vuole più frequentarla, le grida minacce per strada... Racconta tutto ai genitori, i quali si rivolgono ai carabinieri e scattano le denunce». Si prendono provvedimenti, viene imposto il braccialetto elettronico al giovane. «Sì, ma in realtà il braccialetto si rivela un provvedimento inefficace. Il ragazzo vive per strada, è senza fissa dimora, quando il braccialetto si scarica, lui non provvede di certo a ricaricarlo. Inoltre, non può essere rimpatriato perché si è dichiarato rifugiato politico, anche se in Tunisia il giovane sarebbe stato condannato per violenza sessuale». L’incubo continua, mentre la minore vorrebbe ricominciare a vivere, anche attraverso un percorso terapeutico, «perché queste vicende mettono a dura prova una persona così giovane. Del resto, sarebbe difficile per chiunque da sopportare», sottolinea Nicolini.
In controluce a questa storia, sempre secondo Nicolini, bisogna leggere il fenomeno- in crescita – dell’insicurezza creata dalla presenza di sbandati, di chi sfugge tra le maglie di un sistema di accoglienza «non è in grado di gestire i flussi migratori ed essere realmente inclusivo». Perla ragazzina che futuro ci può essere? «Dopo l’ultima aggressione», ci spiega la mamma, «mia figlia ha voluto reagire, ha contatto l’associazione Scarpetta rossa, vuole far conoscere la sua storia. Noi l’appoggiamo e ringraziamo i carabinieri che ci hanno fatto di tutto per sostenerci. Ma ogni volta che questo individuo viene bloccato, qualcosa non funziona, tutto si arena e non cambia niente, lui non viene rimpatriato. Lui lo sa e dimostra tutta la sua arroganza: a me non possono fare niente, urla a tutti noi, io domani ricomincio, torno ad aspettarti...».