Solita ipocrisia: pensano solo ai bimbi nomadi e dimenticano Cecilia De Astis, la vera vittima

Ma cosa ci sta accadendo? Anzi, cosa ci è già successo? Perché tanta indifferenza rispetto alla sorte della povera 71enne investita da ragazzini rom?
di Daniele Capezzonevenerdì 15 agosto 2025
Solita ipocrisia: pensano solo ai bimbi nomadi e dimenticano Cecilia De Astis, la vera vittima

3' di lettura

Ma cosa ci sta accadendo? Anzi, cosa ci è già successo? Perché tanta indifferenza rispetto alla sorte della povera Cecilia De Astis, la signora settantunenne che non potrà trascorrere il Ferragosto con i suoi cari, né tantomeno potrà rivederli, perché – come sapete – è stata travolta e uccisa dall’auto guidata da quattro ragazzini rom? Tutta l’attenzione politica e mediatica è da giorni focalizzata – per lo più in chiave buonista e giustificazionista – proprio sui colpevoli, che tra l’altro avevano di nuovo provato a dileguarsi. Su come vivono loro, e, tanto per autoflagellarci, su cos’avrebbe dovuto fare la nostra società per coccolarli e vezzeggiarli. Abbiamo letto articolesse emozionate sul tema, più o meno consapevolmente volte a rovesciare la frittata: per contestualizzare il comportamento dei pargoletti, e invece per denunciare il presunto razzismo degli italiani.

E la vittima, invece? Libero colma oggi una lacuna che dice molto della bolla mediatica che ci sta imprigionando tutti, e vi racconta chi era questa donna. Come mai, al contrario, per due o tre lunghi giorni, l’attenzione su di lei è stata così laterale e – ammettiamolo – così blanda, superficiale, scarsa? Intere civiltà antiche (dagli egizi a decine di altre) hanno dedicato il meglio di sé (riti, cultura, arte) proprio al culto dei morti. La stessa religione cristiana è centrata proprio sulla morte come passaggio e come premessa della resurrezione.

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Eppure la vittima – questa vittima come molte altre – non sembra impietosire. Destano più tenerezza, sui media “accoglienti e inclusivi”, i piccoli colpevoli. Verrebbe da dare ragione – ma, badate bene, ragione al contrario – ai due editoriali comparsi ieri sul quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, la cui lettura – lo ammetto – mi ha lasciato di stucco.

In uno di essi, firmato da Maurizio Ambrosini, dopo una premessa centrata sul fatto che i rom sarebbero il nuovo “bersaglio” scelto da chi ha bisogno di individuare soggetti “sgraditi” (una volta i nomadi e una volta gli immigrati), si passa – incredibilmente – a fornire le cifre degli incidenti stradali in Italia. Numerosi, si sa. E l’editorialista del giornale della Cei sostiene che tanta attenzione ad un solo caso – quello di Milano – sia dovuta al fatto che i responsabili stavolta appartengano a una “minoranza mal vista”. Ah sì? Lascio da parte il pregiudizio e la solita accusa di razzismo verso chiunque la pensi diversamente: è il tipico armamentario argomentativo degli immigrazionisti.

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Ma ciò che colpisce è che il caso milanese sia trattato come un incidente stradale! Avete capito bene: come se un guidatore sbadato avesse omesso di rispettare la precedenza. Occorrerà informare l’autorevole commentatore che le cose sono andate in un modo un po’ diverso rispetto a un problema di traffico o di guida spericolata.

Ma nell’altro editoriale, firmato da Gigi De Palo (che almeno ha il merito in più passaggi di mettere in discussione una logica di mero buonismo, e glielo riconosco volentieri), c’è una notazione illuminante, che però – lo dico senza sarcasmo – va presa e totalmente capovolta. Scrive il commentatore, il quale si preoccupa – con riferimento ai bimbi rom – di sottolineare che «la persona umana è sempre degna» (e ci mancherebbe), che «non esistono persone di serie A e di serie B». Ha perfettamente ragione. Peccato che l’Italia dei media, l’Italia della fuffa sociologica e del giustificazionismo, stia trattando da persona di serie B proprio la vittima. La quale – per evidenti ragioni – non può più né difendersi né dire mezza parola. Giusto così? No: orribile, semmai.

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