Mentre l’anno scolastico riprende in ordine sparso di regione in regione, il fronte progressista degli insegnanti si muove compatto perché pare che ci sia una minaccia grave a incombere sulla scuola. C’è da denunciare la militarizzazione degli istituti e delle università che avanza senza incontrare resistenza. O almeno è quello che lascia intendere l’appello dell’apposito Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università che «stanno diventando terreno di conquista di una ideologia bellicista e di controllo securitario che si fa spazio attraverso l’intervento diretto delle forze armate» con «una miriade di iniziative tese a promuovere la carriera militare». I genitori dovranno stare molto attenti e controllare quotidianamente il registro elettrico per non ritrovarsi con un figlio al fronte.
Accede così che, in tutta Italia, in occasione dei primi collegi docenti dell’anno venga promossa l’adesione alla campagna “Noi siamo docenti Pacefondai”. Il pretesto è la denuncia di quanto avviene nella Striscia di Gaza. «Non possiamo non condannare i fantomatici progetti di fare di Gaza la riviera balneare del continente asiatico con la conseguente deportazione del popolo palestinese altrove» si legge in un documento. «Non possiamo non condannare quello che per la Corte penale internazionale e per accreditate Ong viene rubricato come genocidio». Da qui l’invito a sottoscrivere l’appello: basta indicare, oltre al nome e al cognome, la qualifica, il comune di residenza e l’e-mail.
Flotilla, partite le 18 barche da Augusta: cosa c'è dietro il ritardo
Le 18 imbarcazioni della missione umanitaria hanno lasciato una a una il porto di Augusta, nel Siracusano, alla volta di...Una schedatura quasi completa e i professori perplessi vengono rassicurati che non si tratta di un’iniziativa politica - cosa difficile da dimostrare se si considera che tra i fondatori dell’Osservatorio ci sono Cobas, l’Unione sindacale di base e alcune sezioni locali dell’Anpi e di Sinistra italiana. Il timore è di finire sulla lista dei cattivi che non hanno cuore quanto accade in Medio Oriente e di essere esposti alla pubblica gogna. C’è una guerra in corso, la mobilitazione è totale e non è tempo di fare sconti: i Pacefondai hanno il coltello tra i denti e fanno sapere che loro sono con lo spirito a bordo della Global Flotilla, tra una circolare e l’altra.
E non sono gli unici. A loro si stanno unendo i Presidii per Pace: nell’hinterland milanese si stanno muovendo per replicare la lettura dei nomi dei bambini gazawi morti come accaduto ad inizio agosto a Marzabotto con il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi. Anche in questo caso, per nascondere l’anima politica dell’iniziativa, si ricorda che verranno ricordati anche i bambini israeliani assassinati da Hamas il 7 ottobre 2023.
Ci pensa il sindacato Usb - Scuola a ristabilire le priorità, con lo sciopero indetto per mercoledì 17 settembre per «denunciare le politiche di guerra e il riarmo che stanno trascinando il nostro Paese dentro uno scenario sempre più pericoloso, mentre si lasciano senza risorse la scuola, la sanità e i servizi pubblici». «La Palestina chiama, noi rispondiamo»: se è difficile trovare un nesso tra i due messaggi, non importa, ciò che conta è scioperare per un’ora, a fine turno, con lo slogan “Nessuno Stato di complicità” per chiedere «lo stop immediato al genocidio» a Gaza, il taglio delle spese militari e «un modello educativo fondato su pace, giustizia sociale, solidarietà e pensiero critico, non sulla competizione e sull’obbedienza».
La tensione sale a Firenze, dove fioccano le firme per gli appelli in linea con quelli dell’Osservatorio contro la militarizzazione e in cui si legge che, se da una parte non si può dimenticare «il brutale attacco compiuto da Hamas», tuttavia «la risposta del governo di Israele ha assunto dimensioni sproporzionate». C’è chi firma fuori da scuola (al liceo Machiavelli Caponi), chi invece approva l’istanza direttamente in sede di consiglio (Gobetti Volta). I nomi degli aderenti compaiono sulle pagine web istituzionali o sui profili social degli istituti, così è più facile contare chi sono i buoni e i cattivi. Alcuni docenti ebrei scuotono la testa e c’è chi, come la professoressa Alisa Santarlaschi dell’istituto comprensivo Botticelli fa notare che «se lo scopo è di risvegliare la coscienza», allora sarebbe opportuno «dar voce a tutte le vittime di guerre e non solo ad alcune». Ma i Pacefondai hanno deciso da che parte schierarsi.