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Garlasco, quando è stato sequestrato il "pizzino": ora tutto torna?

di Micaela Fanellisabato 27 settembre 2025
Garlasco, quando è stato sequestrato il "pizzino": ora tutto torna?

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4' di lettura

La notizia, inaspettata, è arrivata in una Pavia con la pioggia che ha accompagnato la spola tra il palazzo di Giustizia e il comando provinciale della guardia di finanza. L’ex procuratore aggiunto Mario Venditti, oggi in pensione, è accusato di corruzione in atti giudiziari: avrebbe ricevuto tra i 20 e i 30mila euro per scagionare da ogni sospetto Andrea Sempio quando, nel 2017, fu indagato e poi archiviato una prima volta per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. Da quanto emerge, l’inchiesta della procura di Brescia competente sui magistrati pavesi, nasce da un appunto sequestrato lo scorso 14 maggio a casa dei genitori dell’amico di infanzia di Marco Poggi, fratello della vittima.

Fu lo stesso giorno del famoso recupero nel canale di Tromello, poco lontano da casa del 37enne, di alcuni oggetti durante le ricerche dell’arma, mai ritrovata, che 18 anni fa è stata utilizzata per uccidere Chiara Poggi. Il foglietto sequestrato nell’abitazione riporterebbe la scritta “Venditti gip archivia x 20 30 euro”. Per gli inquirenti si tratterebbe di una somma in contanti promessa al procuratore, o da questi ricevuta, da parte della famiglia di Andrea Sempio. Altro dettaglio importante: il “pizzino” sarebbe stato scritto nella prima settimana del febbraio 2017, quindi in un momento in cui, secondo gli investigatori, non era ancora al corrente di essere indagato.

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E così, ieri mattina gli inquirenti sono tornati a perquisire l’abitazione dei genitori di Andrea Sempio. Nel decreto di perquisizione l’indagine coinvolgerebbe due zie e uno zio di Sempio: tra febbraio e giugno 2017 avrebbero fatto transitare sui loro conti correnti la somma di 40mila euro bonificata poi al padre del 37enne. Secondo gli investigatori una parte di questo denaro sarebbe stata prelevata in contanti dall’indagato e dal padre per essere poi offerta a Venditti. «Accuse infondate che mi fanno ridere», ha commentato ieri l’avvocato di Sempio, Massimo Lovati, in attesa delle fiamme gialle davanti alla caserma mentre, in qualità di testimoni, venivano ascoltati i genitori del suo assistito, che sono rimasti in caserma per sette ore. «Quell’appunto parla di cifre generiche e il trasferimento di quei soldi in sei mesi. Lo trovo un normalissimo passaggio di denaro, come tante volte accade. Sono cifre irrisorie per un magistrato».

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«Se l’ipotesi di questa inchiesta dovesse essere confermata, sarebbe un fatto gravissimo», ha invece tuonato l’avvocato di Alberto Stasi, Giada Bocellari, accompagnata dal collega Antonio de Rensis, commentando la notizia all’uscita del tribunale di Pavia, che proprio ieri ha deciso di prorogare fino al 18 dicembre prossimo l’udienza sull’incidente probatorio a carico di Sempio. L’accertamento irripetibile servirà a stabilire se quel dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi è compatibile con quello del 37enne, come ipotizzano i magistrati di Pavia nel nuovo fascicolo che vede indagato, ancora una volta, l’amico di Marco Poggi, per l’omicidio volontario della sorella in concorso con ignoti. La gip Daniela Garlaschelli ha escluso ancora l’impronta 33 trovata sulle scale che portano al seminterrato della villetta Poggi e attribuita dalla procura di Pavia ad Andrea Sempio. A chiedere che entrasse negli accertamenti era stata la stessa famiglia della vittima, che continua a sostenere non appartenga al 37enne. Nell’udienza è stato poi nominato il nuovo perito, Giovanni Di Censo, che si occuperà, nel caso in cui fossero utilizzabili, anche dei frammenti di impronta trovati sul sacchetto dei cereali e su quello della spazzatura.

Tornando all’inchiesta bresciana, che va di pari passo con quella pavese, all’interno del fascicolo a carico di Mario Venditti non è finita solo la famiglia Sempio. Ieri, il nucleo investigativo dei carabinieri di Milano ha effettuato otto perquisizioni, anche a casa di Silvio Sapone e Giuseppe Spoto, l’ex luogotenente e l’ex maresciallo dei carabinieri che nel 2017 si occuparono dell’inchiesta. I magistrati ipotizzano che avrebbero dolosamente omesso alcune parti di intercettazioni intercorse tra il 37enne e suo padre, di aver avuto contatti che poi non sarebbero stati trascritti nei verbali con l’allora indagato, di averlo interrogato per un tempo troppo breve e di essere stati troppo “tranchant” nel scagionarlo dalle accuse all’epoca formulate nei suoi confronti. Dopo essere stato perquisito, l’ex carabiniere Spoto è stato sentito per circa un’ora dagli inquirenti, all’interno del comando provinciale della guardia di finanza pavese. «Sono tranquillo, non sono preoccupato», ha commentato all’uscita. Ieri sera, l’ex procuratore Venditti si è difeso a Quarto Grado su Rete4: «Non ho mai preso soldi o benefit per una professione che ho esercitato con grande dignità. Nessuno mi restituirà l’onore leso oggi».

Francesco Compagna, rappresentante dei legali della famiglia Poggi, ha definito questi diciotto annidi investigazioni «un tormentone mediatico sconcertante, un “cluedo”», ribadendo che «fino ad oggi nessun elemento emerso ha escluso la colpevolezza di Alberto Stasi». Il 41enne è l’unico condannato in via definitiva per il delitto della 26enne.