Non ci sono solo il disprezzo del Tricolore e il fastidio delle mimetiche. C'è anche l'ossessione pacifinta, unita a una buona dose di ignoranza storica, esasperata all'inverosimile. Ed ecco che il 4 novembre, Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate, diventa il campo di battaglia prediletto per sindacati, collettivi e singole per cui l'Esercito è un inutile orpello. Ieri, nelle piazze di mezza Italia, se ne sono viste e sentite di tutti i colori. Ma, senza alcun dubbio, la palma di follia più creativa è andata di diritto ai “Pacifisti” di Bologna. Sentite un po' il loro invito: «Vi proponiamo un azzardo, forse un sogno, certo un punto di vista ribaltato: fare del 4 novembre la Festa delle Forze disarmate.
Trasformiamo questo giorno nell'occasione per onorare anche chi ha scelto l'arma più potente e pericolosa per ogni regime: la nonviolenza organizzata». E poi ecco l'apice, in mezzo a citazioni di Martin Luther King: fare dell'Esercito italiano una Flotilla. «Che piaccia o meno riconoscerlo, ha ottenuto risultati concreti: senza violare alcuna legge, senza forzare proprietà altrui, disobbedendo agli ordini paternalistici di non sfidare la potenza militare consolidata e confidando esclusivamente nel diritto internazionale», dicono i “Pacifisti”. Poco importa che senza le Forze Armate non ci sarebbe pace nel mondo... «Oggi dovremmo ringraziare le forze disarmate che hanno spinto i potenti, attraverso una pressione mediatica e morale, a cercare soluzioni». La tregua a Gaza? Tutto merito dei marinaretti che nella Striscia nemmeno ci sono arrivati!
Così droni e superarmi lasciano l'Ue indifesa
Il primo conflitto mondiale iniziò nel 1914 con le divise ottocentesche, e nel fango delle trincee divenne la pri...Ad Ancona, dove è arrivato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, racconto Loretta Boni, esponente della lista di sinistra “Altra idea di città”, ha cercato di rovinare la festa agitando uno striscione (poi rimosso dalla Digos) che recitava così: “Basta soldi per le armi”. «Non volevo che Mattarella se ne andasse senza sapere che anche il popolo anconetano è contro il riarmo», ha spiegato. Uno dei consiglieri comunali della stessa lista, Francesco Rubini, ha invece pensato bene di rifiutare l'invito del Comune per le celebrazioni: «Non partecipo. Il mondo dovrebbe sfilare per la pace, il disarmo e la solidarietà tra i popoli smettendo di rincorrere un modello di relazioni internazionali fondato su eserciti, predominio e sopraffazione», ha spiegato. A Palermo gli antimilitaristi l'hanno buttata sul sentimentale. Davanti al teatro Politeama hanno allestito il “Villaggio della pace e del disarmo”: dibattiti, tavole rotonde, laboratori artistici per la creazione di striscioni pacifisti e giochi per bambini. Vuoi non aggiungere una spruzzata di propaganda pro-Pal gratuita? Certo che sì.
Con un chiaro messaggio contro «il genocidio del popolo palestinese» e per «la riconversione dell'industria bellica in fabbriche di pace e benessere». Il portavoce della Consulta perla pace del Comune è riuscito a dire che «non c'è alcun motivo per definire questa giornata come una festa». E perché? Perché è la festa «di una “vittoria” su un altro Paese dell'Unione europea, che contraddice palesemente lo spirito europeista e federalista che oggi ci dovrebbe contraddistinguere». Era il 1918 e non solo l'Ue non esisteva ma eravamo puri in guerra.
Anche a Monza non sono mancate le polemiche. Ma qui si sconfina nel campo del surreale, se è vero come è vero che i manifestanti hanno intimato agli espositori dei mezzi militari (tra cui la Jeep Willys della Seconda Guerra Mondiale e la celebre torpedo dei Carabinieri) presenti in piazza di non rivolgersi ai bambini. Guai a parlare di armi e divise d'epoca. Nelle scuole ci hanno pensato Usb, Cambiare rotta e Osa ad arroventare il clima. «Il 4 novembre è una festa imposta dall'alto, che non corrisponde ad alcun sentire popolare e sicuramente non ha alcuna radice nella storia della Repubblica. Una festa usata per educare alla guerra, oggi al servizio del sionismo e del bellicismo di questo governo», hanno arringato i compagni. Qualcuno non è andato al lavoro, altri hanno disertato le aule. Nulla di nuovo.




