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Calvi non si suicidò, ma fu ucciso

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Pubblicate le motivazioni della sentenza di assoluzione per Flavio Carboni, Calò e Diotallevi. Sull'affarista sardo gravano "indizi consistenti"

Eleonora Crisafulli
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Roberto Calvi non si è suicidato, ma è stato ucciso. Così si sono espressi i giudici della corte d'assise d'appello sulla "causa ultima del decesso" del banchiere trovato impiccato il 18 giugno del 1982 sotto il ponte dei Frati Neri a Roma. Il 7 maggio scorso gli imputati Flavio Carboni, Pippo Calò ed Ernesto Diotallevi sono stati assolti dall'accusa di omicidio. E la parziale riapertura dell'istruttoria nel processo, con la testimonianza di Massimo Ciancimino e altri collaboratori, non è servita. L'unico "fatto nuovo" era che non solo Calò, ex cassiere dela mafia, ma anche Vito Ciancimino impiegava il Banco Ambrosiano e lo Ior come tramite per massicce operazioni di riciclaggio. Se questo "conferma la possibilità di individuare un valido movente dell'omicidio, allarga la platea delle persone a cui tale movente è possibile riferire". Inoltre le dichiarazioni accusatorie dei collaboratori , si legge ancora nelle motivazioni della sentenza, non possono essere considerate testimonianze dirette ma informazioni apprese da terzi. Rispetto a Flavio Carboni, arrestato nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta P3, i giudici scrivono: "Non vi è dubbio che nei confronti dell'imputato gravino indizi consistenti: Flavio Carboni è stato la persona che, nell'ultimo periodo di vita del banchiere, ha conseguito un rapporto privilegiato con la vittima, ne ha costantemente seguito le orme tanto da esser stato presente la stessa sera del 17 giugno 1982 nel medesimo albergo londinese". Nonostante questo per la Corte "si pongono insuperabili argomenti ed elementi di segno opposto. La pluralità di moventi alternativi non pare concentrarne uno più specifico ed assorbente in danno di Carboni i cui interessi erano in sintonia col mantenimento in vita del banchiere". Sull'interesse di Calò ad eliminare il banchiere "le versioni fornite dai vari collaboratori di giustizia sono risultate in contrasto tra loro o sono state smentite da altre risultanze del processo". Su Diotallevi, poi "deve convenirsi nella considerazione che poiché vi è certezza quanto al contributo di Diotallevi finalizzato all'espatrio clandestino di Calvi, analoga certezza non vi sarebbe circa l'effettiva e consapevole sua partecipazione ad un piano criminoso volto all'eliminazione del Calvi". In conclusione "troppi sono i moventi alternativi ipotizzabili e troppi sono i soggetti e le organizzazioni che avrebbero avuto interesse all'eliminazione di Calvi: dalla mafia, alla camorra, alla P2, allo Ior e ai politici italiani (beneficiari delle tangenti o interessati a cambiare l'assetto del Banco Ambrosiano o a mutare gli equilibri di potere all'interno del Vaticano)". Non solo "in tale ambito di ipotesi non sufficientemente dimostrate, possono anche comprendersi i servizi segreti inglesi, essendosi acclarato che Calvi aveva, tra l'altro, finanziato l'invio di armi ai dittatori argentini nel periodo in cui era in atto il conflitto bellico per le isole Falkland. E così anche i Servizi segreti italiani, che hanno mostrato (avvalendosi pure del loro ambiguo collaboratore Pazienza) di essere sempre informati di tutto e di aver seguito sino all'ultimo le mosse di Carboni e Calvi".

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