Gli ispettori del Ministero dell’Istruzione di fatto hanno smentito la versione fornita dalla scuola frequentata da Paolo Mendico, il quattordicenne che si è suicidato l’11 settembre scorso nella sua casa di Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina, proprio alla vigilia della ripresa delle lezioni. L’istituto tecnico Pacinotti aveva sostenuto di non essere a conoscenza di episodi di bullismo e violenze, gli episodi per i quali Paolo si sarebbe suicidato. La relazione ispettiva, di cui dà conto Repubblica, ricostruisce invece un contesto scolastico segnato da comportamenti problematici noti e da procedure mai attivate.
Secondo gli ispettori, nella classe erano presenti da tempo criticità disciplinari e atteggiamenti “non conformi al regolamento d’istituto”, in alcuni casi “quasi aggressivi”. Nonostante ciò, “non vi è traccia di una valutazione approfondita” né dell’avvio di un protocollo antibullismo, che avrebbe dovuto coinvolgere l’intero gruppo classe. Per queste omissioni sono stati chiesti tre procedimenti disciplinari: uno nei confronti della dirigente scolastica, uno per la vicedirigente e uno per la responsabile della succursale. L’Ufficio scolastico regionale del Lazio ha fatto sapere che “la procedura è ancora in corso”.
Parallelamente sono in corso due indagini giudiziarie. La Procura dei minori ha iscritto quattro compagni di classe di Paolo per istigazione al suicidio. La Procura di Cassino procede invece contro ignoti. “Aspettiamo l’esito sullo studio delle chat”, ha spiegato il procuratore capo Carlo Fucci.
Dalla relazione emerge anche una discrepanza tra le dichiarazioni dei docenti e i verbali ufficiali. Gli ispettori parlano di un “meccanismo difensivo” e ritengono più attendibili i verbali dei consigli di classe, nei quali i problemi disciplinari risultavano segnalati già dal dicembre precedente.
Davanti agli ispettori, la vicedirigente ha sostenuto: “Posso escludere categoricamente che a scuola Paolo avesse subito atti di bullismo”. Una versione opposta a quella dei genitori, che hanno riferito “cinque o sei incontri” in cui segnalavano prese in giro e piccoli atti vessatori. Anche un rappresentante degli studenti ha confermato interventi della vicepreside per richiamare la classe al rispetto.
Secondo il Ministero, non bastavano richiami isolati: sarebbe stata necessaria “una fase 2 della procedura come da protocollo”. Resta aperta la domanda se una presa in carico più attenta della classe avrebbe potuto evitare la tragedia.




