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La resa di Milano al Capodanno senza concerto. Ormai in città comandano i maranza

Se siete in cerca di un caso di resa culturale incondizionata, avete un luogo d’elezione: la Milano di Beppe Sala. Pettinata, arcobaleno, molto attenta a contenere le emissioni, pochissimo al controllo del territorio, per nulla alla tradizione
di Giovanni Sallustimercoledì 31 dicembre 2025
La resa di Milano al Capodanno senza concerto. Ormai in città comandano i maranza

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Se siete in cerca di un caso di resa culturale incondizionata, avete un luogo d’elezione: la Milano di Beppe Sala. Pettinata, arcobaleno, molto attenta a contenere le emissioni, pochissimo al controllo del territorio, per nulla alla tradizione. La notizia, depurata dal burocratese, è che questa Milano che si (auto) colloca all’avanguardia del Paese stasera si arrende ai maranza. E nella modalità più plastica e autoevidente: nessuna festa di Capodanno in piazza Duomo, nessun concerto o evento organizzato, ingressi contingentati, un grigiore amministrativo da socialismo (ir)reale.

Che certo prova a celarsi sotto argizogogolati ragionamenti contabili, prova ad appendersi alla presenza del megastore legato alle Olimpiadi (che comunque lascia agibile la maggior parte della piazza, e che andrebbe piuttosto valorizzato con uno spettacolo, non consegnato al nulla), ma di fatto rappresenta l’arretramento definitivo rispetto all’obbrobrio urbano dell’anno scorso. Ricordate il campionario degli orrori? La piazza più importante della capitale economica del Paese sequestrata da squadracce, tendenzialmente di nordafricani o arabi (è la cronaca, che rimane tale anche se non aderisce alle paturnie ideologiche del tempo), le quali proponevano motti dialoganti come “Allah Akbar!” o “Italia merda!”, si arrampicavano sulle statue e dulcis (per modo dire) in fundo davano sfogo alla graziosa pratica della “taharrush gamea”, né più né meno che la molestia sessuale di massa a danno di qualunque donna capitasse a tiro. Il modo lucido di evitare un rinnovato esproprio di piazza Duomo sarebbe fare un passo avanti, non due indietro.

Quindi sì, organizzare quel Concertone che a Milano manca dal 2019 («Lo faremo l’anno prossimo», ha detto Sala, ormai maestro di ridicolo involontario), magari coinvolgere la Filarmonica della Scala, comunque creare una celebrazione strutturata che sia di richiamo per i milanesi, non per i professionisti della guerriglia urbana, con relativi dilettanti a supporto. Non lasciare spazio al deserto (pseudo)festaiolo, in cui possono sguazzare e professionisti e dilettanti, a danno esclusivo dei milanesi. Che invece è stata proprio la scelta confermata ieri dal Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica e già ampiamente preannunciata dal sindaco. Nessuna Festa organizzata, nessun evento musicale o non, limite massimo di 4.500 persone, chiusura anticipata alle 18 dei mercatini natalizi e perfino dello store olimpico (qui un’intera biblioteca di marketing ha preso fuoco). Una smobilitazione integrale, una resa senza appello, una sottomissione di fatto ai sequestratori del Capodanno in uno dei luoghi più simbolici d’Italia.

Non è la Milano che ride e si diverte/ Milano a teatro/ un olè da torero cantata da Lucio Dalla, è il suo opposto. È la Milano che rinuncia, la Milano che dopo aver sconfitto gli anni bui e di Piombo, la delinquenza politica e le pistolettate nelle strade, dopo essere rinata negli splendidi Ottanta come Milano da bere, alza bandiera bianca davanti a questa teppaglia spesso di seconda generazione che ha deciso che il Paese è cosa loro, come direbbero altre organizzazioni più autoctone. Non si abdica al Capodanno per paura dei maranza, si mettono i maranza in condizione di non nuocere al Capodanno dei milanesi. È il motivo per cui esiste l’amministrazione pubblica: garantire il dispiegamento delle libertà dei cittadini in sicurezza. Rinunciare a pezzetti di libertà invece non è sicurezza, è aver introiettato l’alfabeto dei teppisti. Sotto la Madonnina governano i maranza: è (purtroppo) fattuale.