Dalla Libia alla Siria scatta il 'toto-rivolta'
Tunisia, Egitto, ora l'Algeria. Ma la rivoluzione del Maghreb potrebbe estendersi
Mubarak si dimette per lasciare posto a una giunta militare, le barricate in piazza Tahrir iniziano ad essere rimosse e quello che è diventato il luogo simbolo degli scontri fa da sfondo a una grande festa del popolo. La rivoluzione del Cairo è stata salutata come una "buona notizia" da parte dell'amministrazione Obama e come un grosso passo verso la democrazia da parte di tutto l'Occidente. Ma mentre in Egitto la situazione torna alla normalità, in Algeria ricomincia una nuova ondata di proteste contro il presidente Bouteflika e a favore di riforme democratiche. Come nell'blocco sovietico del 1989, sembra proprio che l'effetto domino delle rivolte mediorientali sia innarrestabile. Quindi a chi toccherà la prossima rivoluzione? MAROCCO - Iniziate lo scorso 7 gennaio a causa dell'aumento dei prezzi alimentari del 19%, le sollevazioni marocchine hanno finora visto il suicidio-protesta di almeno quattro cittadini. Attraverso il passaprola di Facebook, i più giovani stanno programmando una protesta per il prossimo 20 febbraio. In Marocco ci sono libere elezioni - le ultime nel 2003 -, ma l'influenza del sovrano Mohamed IV è ancora soffocante. I giornalisti, nel timore di essere perseguitati, evitano di scrivere di temi delicati, come la questione del Sahara dell'ovest. LIBIA - Nel paese governato da Gheddafi da oltre quarant'anni, una nuova rivolta è stata organizzata per il 17 febbraio. Si chiamerà 'giornata della rabbia', sulla falsariga delle proteste organizzate in Egitto e coinvolgera potenzialmente tutti gruppi che si oppongono al regime di Tripoli. Iniziate circa un mese fa, le manifestazioni in Libia si sono scatenate per colpa della mancanza di alloggi, e hanno avuto come conseguenza l'occupazione di numerosi palazzi di residenza. SIRIA - Oltre a un suicidio per protesta, nella nazione tra Israele e Iraq non si è ancora scatenata una protesta di grandi dimensioni come negli altri paesi dell'area. Non a caso il presidente Bashar al-Assad si è detto sicuro che la Siria sarà immune ai venti rivoluzionari. In effetti una protesta era stata organizzata per lo scorso 4 febbraio, ma senza successp. Ad ogni modo, la recente liberalizzazione di Facebook e Youtube in territorio siriano potrebbe portare a una maggiore organizzazione dei movimenti di protesta. ALTRE ZONE A RISCHIO - Oltre a questi paesi, esistono altri focolai di protesta tra Africa e Medio oriente. Nello Yemen la richiesta di dimissioni di Ali Abdullah Saleh ha finora solo spinto il presidente a non correre per le elezioni del 2013; in Mauritania un manifestante si è dato fuoco per contestare il governo di Mohamed Ould Abdel Aziz. Infine, anche in Giordania e Libano la gente è scesa in piazza: nel secondo caso, ad aggravare la situazione concorre anche una grave crisi di governo. di Andrea Privitera