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"Libia, pericolo concreto ondata clandestini"

Belpietro intervista Antonio Panzeri (Pd), presidente della Commissione per i rapporti col Maghreb: "Rischio guerra civile"

Andrea Tempestini
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La situazione in Libia è a dir poco complessa. Continuano violenze e guerriglia. A La Telefonata di Canale 5, il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, ne parla con Antonio Panzeri, europarlamentare del Partito Democratico e presidente della Commissione per i rapporti con il Maghreb. Quanto potrà durare questa situazione? Siamo davvero alla fine del regime di Gheddafi o c'è da attendersi come dice qualche giornale anche i morsi rabbiosi del lupo ferito? I morsi ci sono e ci saranno ma credo che siamo allo scontro finale, e ho l'impressione che Gheddafi abbia i giorni contati. Su cosa può ancora contare Gheddafi? Credo soprattutto sulla sua tribù e su un pezzo abbastanza esteso di miliziani e guardie private. Ma il resto dell'esercito è un po' andato via. E in Cirenaica e nella parte sud è passato dall'altra parte. Dalle sue informazioni, di quanti uomini dispone? Parliamo di 20-30mila persone, non sono poche e sono ben attrezzate. Quindi può durare solo qualche giorno, forse settimane, ma si arriverà alla resa dei conti definitiva. Direi di sì. Considero questo lo scontro finale. Il processo che si è messo in moto è una cosa fondamentale: il vecchio compromesso tra le diverse realtà tribali è saltato e non rende più possibile una permanenza di Gheddafi al potere. Tra il Colonnello e le tribù c'è di mezzo il sangue: non è più ricomponibile lo scenario di prima. Ma chi potrebbe prendere il potere al posto di Gheddafi? Non si capisce chi siano i capi della rivolta. E' difficile capirlo. In Libia non c'è Parlamento, governo e i partiti. C'è il cosiddetto Consiglio del popolo che è in disfacimento e che raggruppava le rappresentanze delle diverse realtà tribali. Non è un Paese pratico alla democrazia: è difficile individuare chi prenderà il potere. Credo dovrà ricostruire un compromesso tra le diverse realtà o sarà una lotta continua. Ora c'è un nemico da abbattere, Gheddafi, ma poi il problema è come e se andranno d'accordo le diverse realtà. Dovremo fare di tutto per portare a compimento un processo democratico. Ma la Libia si presta ad alcuni esempi visti nel passato, come Somalia, Iraq e Afghanistan. Quindi una guerra civile in sostanza? Quindi il fatto che questa confusione può oggettivamente andare avanti per molto. Colpisce il fatto che siano crollati regimi che apparivano solidi in poche settimane, Tunisia, Egitto e Libia. Paradossalmente i paesi più laici, forse quelli ceh si erano avvicinati di più all'Occidente. Cosa sta succedendo? Una cosa molto semplice. C'era un vecchio compromesso: l'Unione Europea avrebbe difeso questi regimi in cambio della lotta all'integralismo e il controllo dell'immigrazione. Ci sono tre fattori che hanno scatenato tutto questo: la crisi economica, il fatto che ci sono tantissimi giovani in questo Paese e che quando ci sono regimi in carica da più di 30 anni, dove mancano le libertà fondamentali, è facile cadere su una buccia di banana. Si dà l'avvio al vento del cambiamento. C'è il rischio che la rivolta si estenda al Marocco o alla Giordania? Non metto le mani sul fuoco, ma credo che il Marocco sia meno esposto, da una parte il Re discende da Maometto e ha grande rispetto. In Marocco vi è la presenza di una classe media abbastanza diffusa e, anche se non funziona benissimo, c'è un sistema partitico. L'effetto contagio nei confronti della realtà marocchina può essere molto diretto. In queste ore c'è preoccupazione per l'emergenza migratoria. Cosa si può fare? Bisogna fare chiarezza, qui non si parla di immigrazione libica, ma di più di 1,5 milioni di persone in Libia che sono immigrati provenienti dalla fascia sub-sahariana, che di fronte a questa situazione è probabile che lascino il Paese. C'è bisogno di una maggiore solidarietà europea e di agire. Forse sarà necessario intervenire anche con risorse finanziarie. Noi dovevamo investire molto in quel Paese, le cose cambieranno: forse un po' di quelle risorse dovranno essere dirottate per evitare che questi probelmi divengano di grande portata.

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