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Soldi, armi e avversari penosi: Gheddafi vince e nessuno lo dice

In Libia dopo 23 giorni il Raìs non dà segni di debolezza, anzi, torna pure a farsi vedere in televisione... / PANSA

Giulio Bucchi
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Da quanti giorni l'Occidente è in guerra contro Muammar Gheddafi, il raìs libico? Da almeno ventidue, contati alla data di oggi, domenica 10 aprile 2011. Un tempo abbastanza lungo per un conflitto tra un piccolo paese, la Libia, e la sensazionale coalizione dei Volonterosi. Un'alleanza strapotente, guidata da due paesi convinti di essere i big europei: Francia e Gran Bretagna. Vista la enorme disparità di forze in campo, Gheddafi avrebbe dovuto essere morto e sepolto da quel dì. Invece è vivo e per ora vince. Anche se nessuno dei Volonterosi è disposto a riconoscerlo. Prima di tutto Gheddafi vince proprio perché non è morto. In un Bestiario del 27 marzo mi ero domandato se fosse tanto difficile ucciderlo. Come succede spesso nelle guerre, anche per i capi che sembrano immortali. Ma adesso è chiaro che non soltanto era dopo alcuni giorni di silenzio e assenza apparente, Gheddafi è riapparso in una scuola elementare di Tripoli, risparmiandoci peraltro una delle sue concioni demenziali. Qualcuno dei suoi ministri ha tagliato la corda, ovvero ha defezionato, cercando riparo in Occidente. Ma sino a oggi la faccenda non ha avuto conseguenze drammatiche. Il potere di Gheddafi sembra intatto. Questo significa che, come molti sospettavano, il governo libico ha sempre contato come il due picche rispetto alla dittatura personale del raìs. Subito dopo i primissimi giorni di guerra si era detto che la sua aviazione militare non esisteva più. Oppure che aveva un potenziale molto ridotto. È possibile che fosse vero, dal momento che nei combattimenti in corso tra Misurata e Bengasi non si vedono in azione jet libici. In compenso, ad ammazzare i rivoltosi ci pensano i supersonici dei Volonterosi. Una beffa che non può essere liquidata come un fenomeno, il fuoco amico, che crea problemi in tutti i conflitti. E non può neppure essere ripagata da un po' di scuse, che per altro non tutta la Nato è disposta a offrire. Al posto delle armi pesanti e degli elicotteri da combattimento che l'Alleanza continua a rifiutare. Anche l'invio di truppe di terra da interporre tra le forze del raìs e i pochi rivoltosi è ancora un sogno. Si era pure detto che quello di Gheddafi era un esercito da burletta. Dal momento che il raìs gli aveva sempre preferito la polizia politica e l'apparato repressivo da scatenare contro chi non accettava il suo regime. Tuttavia i reparti di terra libici continuano a combattere. Forti di molti carri armati e di cannoni di grosso calibro. Per non parlare dei mercenari arruolati nell'Africa sub sahariana. Pochi o tanti che siano, si danno da fare anche loro. Ben sapendo che, nel caso siano catturati dai ribelli, rischiano una fine orrenda. Poi c'è la questione dei beni sequestrati al raìs e ai suoi parenti in tutto il mondo. Ma siamo sicuri che Gheddafi sia ridotto all'ablativo, ossia che non abbia più soldi? Un paio di giorni fa, uno dei ministri che hanno abbandonato la Libia per rifugiarsi a Malta, ha rivelato che il raìs ha ancora un'immensa disponibilità di denaro. È il frutto di tangenti gigantesche che, negli anni, avrebbe incassato dalle compagnie petrolifere occidentali. Milioni e milioni di dollari rimasti nascosti. E che non sono stati usati di certo per comprare quote dell'Unicredit e della Juventus. Ma sino a oggi, la vittoria più clamorosa di Gheddafi è quella conseguita sul terreno politico. Diciamola giusta: il raìs sta mettendo l'Europa alla berlina. Facendola apparire un gigante di carta, in preda a contrasti laceranti. Ha coperto di ridicolo le manie di grandezza della Francia e della Gran Bretagna. Ha fatto litigare l'Italia con la Francia e adesso anche con la Germania, già refrattaria alla guerra. L'Unione europea è un colabrodo. La mitica Nato non sa che pesci prendere. Gli aerei supersonici dell'Occidente non sanno più chi bombardare e dove. Infine Gheddafi ha messo in atto la sua minaccia più astuta. Aveva detto: vi manderò addosso barconi su barconi di clandestini, così vi renderete conto di quanto siete deboli. Ha mantenuto la promessa. Nelle scorse settimane a Lampedusa sono già sbarcati migliaia di disgraziati arrivati dalla Tunisia. Adesso cominciano gli arrivi che partono dalla Libia. Sono stock robusti, di cinquecento e più poveracci, comprese donne con i loro bambini. Vengono dall'Africa più interna o da altre aree povere. Sono somali, eritrei, pachistani. La mano che li guida e li aiuta a partire, non controllando le coste, è quella di Gheddafi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, anche di coloro che non sanno un tubo di strategia militare. Una settimana fa, i telegiornali ci regalavano una parola che suonava tetra: stallo. Le operazioni militari stavano in stallo. Lo stallo era in agguato. Adesso dallo stallo si rischia di passare al pantano, alla palude, all'immobilità più assoluta. Prima o poi, Gheddafi apparirà in tivù e farà una proposta ai Volenterosi: i capi dell'Occidente vengano in delegazione a Tripoli, mi chiedano perdono e mi offrano di fare la pace. Aveva ragione Silvio Berlusconi che sin dal primo giorno di guerra disse all'Europa: Gheddafi non ha nessuna intenzione di cedere il potere. Il Cavaliere sì che se ne intende. Forse dovrebbe raccontare meno barzellette e scrivere un best seller di politica internazionale. Il Bestiario gli suggerisce un titolo: “Attenti al bunga bunga del mio grande amico Muammar”. di Giampaolo Pansa

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