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Csm, Brigandì decaduto. Non è più consigliere

Il laico in quota Lega non si è dimesso per tempo dal Cda della Fin Group. Decisione senza precedenti

Andrea Tempestini
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Da oggi, mercoledì 13 aprile, non è più consigliere del Csm il laico della Lega, Matteo Brigandì. La decisione, senza precedenti, è passata con 19 'sì', tre 'no' e una doppia astensione: così il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha dichiarato la sua decadenza. Il motivo per il quale è arrivata la decisione risiede nel fatto che Brigandì non si sia dimesso per tempo dal ruolo di amministratore della società Fin Group, quando la legge stabilisce l'incompatibilità tra l'essere componente di un cda di un gruppo commerciale e l'incarico di consigliere del Csm. La votazione è avvenuta a scrutinio segreto, dopo che al Csm era stato notificato il ricorso al Tar presentato in prevenzione da Brigandì. Vietti aveva proposti di invertire l'ordine del giorno, riprendendo la trattazione del caso Brigandì, che mercoledì mattina era stato rinviato al 4 maggio. Brigandì era già finito al centro delle polemiche dopo la pubblicazione su Il Giornale degli atti del Csm relativi a un procedimento a carico di Ilda Boccassini, la pm del pool di Milano. Con l'uscita di scena di Brigandì e fino a quando il Parlamento, in seduta comune, non nominerà il suo successore, il gruppo dei laici che fanno riferimento alla maggioranza di governo scende così a 4 consigliri. Il numero non consente di far mancare il numero legale alle sedute del plenum del Csm, fattispecie alla quale i laici di Pdl e Lega non si sono mai avvalsi in questa consiliatura, a differenza della precedente.

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