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A volte ritornano. Il professor Prodi sale in cattedra per dare degli asini a tutti gli industriali del Veneto

Secondo Mortadellone la crisi del nord-est (di cui si accorge dopo 10 anni) è "colpa dei pochissimi laureati"

Andrea Tempestini
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Rotola in Veneto a ogni morte di Papa o quasi e solo per salire in cattedra e dare lezioni di economia aziendale e management agli imprenditori che invece di lanciargli pomodori, broccoli e uova si spellano le mani per le ovvietà del Professore. Era accaduto nel lontano '96 e si è ripetuto l'altro ieri a Padova davanti a decine di industriali convenuti per l'ennesimo e ripetitivo rapporto sull'economia veneta sfornato dalla “Fondazione Nord Est”, la quale solo un anno fa si sforzava di riscontrare un inesistente ottimismo tra gli imprenditori e che ancora oggi tenta disperatamente di rappresentare una luce in fondo al tunnel che purtroppo non si vede. I risultati di queste ricerche sono da anni scontatissimi: il Nord Est dovrebbe fare squadra ma non la fa, le aziende sono penalizzate da un difficile passaggio generazionale e via dicendo. Ci mancava solo l'intemerata del Mortadella che oggi insegna all'università di Shanghai e sembra prendere fischi per fiaschi quando rimette piede a Bologna, figuriamoci se si inoltra fin verso la Padania dove si annida il nemico del centrodestra e bisogna dargli addosso a prescindere.  Il mito del Nord Est è finito da un pezzo e l'ex primo ministro dell'Ulivo se ne accorge soltanto ora, meglio tardi che mai. È dal 2001, ovvero dalle Torri Gemelle, che la cosiddetta “locomotiva d'Italia” ha rallentato la corsa fino a restare immobile su un binario morto. Centinaia di aziende finite gambe all'aria, 250mila i senza lavoro nel 2010, un esercito di cassintegrati, tutta gente che aspettava la filippica di Prodi per comprendere la gravità della situazione e darsi una regolata. Massì, il Giappone tricolore è fermo da un pezzo per colpa di un sistema politico che da decenni è impegnato ad affondare qualsiasi modello di sviluppo; e ora si materializza improvvisamente Prodi a rampognare gli industriali, quasi che la colpa della pressione fiscale più alta d'Europa sia loro e non della casta che taglia tutto e non certo l'Irap. E giù applausi, come se non sapessero già da una vita che tra i problemi irrisolti a Nord Est c'è anche quello di non saper fare sistema o di non aver investito a sufficienza in ricerca e sviluppo. Come aver scoperto l'acqua calda. O aver preso lucciole per lanterne, come quando si sostiene che gli incidenti sul lavoro sono sensibilmente calati (grazie tante, con la crisi dell'edilizia il lavoro scarseggia ed è più difficile precipitare da tetti e impalcature se i cantieri sono chiusi e si è stati licenziati). Ma con la sicumera che lo contraddistingue è sbarcato Prodi nel Nord Est a dare la linea e a proporre una ricetta magica foriera di un prodigioso rilancio economico. Udite udite, nella culla dei self made man che hanno creato imperi dal nulla spesso non avendo nemmeno la prima elementare, egli attribuisce alla carenza di laureati la colpa del tracollo e per entusiasmare la platea confindustriale delle medie e grandi aziende racconta la favola del sistema azienda che cambia dimensioni e può farcela solo se ha più di 50 addetti; altro che “piccolo è bello”. E lo dice senza fare una piega per ingraziarsi Andrea Tomat e i big presenti proprio là dove l'economia si regge sulle spalle delle pmi che rappresentano il 90 per cento del tessuto produttivo. Cosa non si fa e non si dice  per riguadagnare un po' di consenso e rifarsi una verginità oggi che il governo è in affanno e conviene fare il possibile per indebolire il centrodestra da sempre egemone, con le inespugnabili roccaforti del Carroccio a Vicenza, Treviso e Verona, sia pure indebolite alle ultime Amministrative. Se non ora quando? Avrà pensato il Professore come prima di lui Veltroni, Franceschini e Rutelli. Quale migliore momento per attribuire indirettamente la responsabilità della crisi all'esecutivo nella delicatissima fase della manovra? E gli imprenditori ondivaghi e opportunisti che stanno al gioco e, sia pure sottovoce, all'unisono bacchettano Tremonti e Berlusconi rei di aver tradito imprenditori e partite Iva. Impartisce lezioni Romano Prodi, ma non accenna ai costi della politica e a quelle province salvatesi anche grazie all'astensione del Pd. Gli imprenditori come al solito se la cavino da soli e poco importa se un consigliere regionale guadagna più del Governatore dello Stato di New York o se molte aziende chiudono perché gli enti locali   non pagano i lavori con la scusa del Patto di stabilità, inventato per strozzare la periferia a tutto vantaggio dello Stato centrale. Questo e altro ancora il Professore e i suoi epigoni omettono di ricordare. Ed è paradossale e grottesco che pontifichi nel Nord Est invitando gli imprenditori a fare sistema proprio chi nel Nord Est ha combinato soltanto guai. Per esempio nominando capolista del Pd alle ultime Europee un veneto doc come Luigi Berlinguer, il quale è nato a Sassari, vive a Siena e insegna a Roma. E determinando con altrettante scelleratezze l'eclissi di un partito ormai scomparso. Massimo Cacciari si è autoeliminato e buona parte dei piddini veneti pur di sopravvivere sono confluiti nel movimento trasversale “Verso Nord”, ispirato da Giancarlo Galan e dall'ex sindaco di Venezia. Avevano un'unica carta da giocare per le Regionali, quel Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre che avrebbe potuto dare del filo da torcere a Luca Zaia, ma era stata subito buttata alle ortiche.  Sic rebus stantibus, solo per disperazione potrebbero seguire i consigli dell'ex leader dell'Ulivo. La recente marcia degli industriali su Treviso che da decenni chiedono riforme strutturali senza ottenerle era il segnale dell'insoddisfazione delle imprese venete per l'intera classe politica. Così come la scelta del presidente degli industriali di Vicenza, Roberto Mazzocato, di bandire qualsiasi politico dai convegni dell'associazione. Forse al Prodi in altre faccende affaccendato nella lontana Cina; forse al Prodi tonitruante convinto di aver capito tutto del Nord Est e deciso a risollevarne le sorti il messaggio forte e chiaro non è mai giunto. di Luigi Bacialli

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