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L'inchiesta bomba di Napoli: "Estorsione ai danni del Cav"

Nel registro degli indagati ci sono Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola. Ma Berlusconi spiega: "Ho solo aiutato un uomo disperato"

Andrea Tempestini
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La procura di Napoli ha aperto un'inchiesta, coperta dal più stretto riserbo, che ipotizza il reato di estorsione ai danni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Ne dà notizia il settimanale Panorama in un articolo che sarà pubblicato sul numero in edicola giovedì 25 agosto. La procura avrebbe iscritto nel registro degli indagati più persone: tra loro Gianpaolo Tarantini, l'imprenditore barese che nel 2008 aveva portato Patrizia D'Addario a palazzo Grazioli, e Valter Lavitola, direttore ed editore del quotidiano online Avanti!, tra i protagonisti nell'affaire scoppiato l'anno scorso sull'appartamento di Montecarlo attribuito al cognato di Gianfranco Fini. Panorama scrive che l'inchiesta - condotta dai sostituti procuratori Henry John Woodcock, Francesco Curcio e Vincenzo Piscitelli - è a un punto di svolta ed è all'attenzione del gip Amelia Primavera per alcune richieste avanzate dagli inquirenti. L'ipotesi della corruzione - Secondo quanto appreso da Panorama, l'ipotesi della procura di Napoli è che Gianpaolo Tarantini avrebbe ricevuto il compenso per continuare a dichiarare, nel processo barese in cui è indagato, che Berlusconi non sapeva di ospitare alle sue feste escort prezzolate dallo stesso imprenditore pugliese. Pagato per mentire, dunque? No, visto che al telefono Tarantini ribadisce più volte che quella è la verità. Secondo l'accusa, il mezzo milione sarebbe dovuto servire, soprattutto, a convincere Tarantini a scegliere la strada del patteggiamento in un procedimento in cui sarebbe l'unico imputato, evitando così un processo pubblico con la conseguente diffusione di intercettazioni telefoniche ritenute imbarazzanti per il premier. Gli inquirenti sospettano inoltre l'esistenza di un gigantesco raggiro di Lavitola ai danni di Tarantini, con il primo che avrebbe "trattenuto" 400 dei 500mila euro destinati al secondo. Questa deduzione viene ricavata dall'ascolto di alcune telefonate concitate tra i due e da conversazioni di Lavitola con diversi suoi collaboratori. Il direttore dell'Avanti! avrebbe dirottato i fondi in diverse operazioni finanziarie che lo vedono coinvolto in Italia. Il ruolo delle telefonate - Secondo i pm di Napoli, l'estorsione ai danni del Cavaliere consisterebbe in un versamento di 500 mila euro a Tarantini e di altre somme versate ogni mese. Di questi versamenti i pm avrebbero avuto prova unicamente attraverso l'ascolto delle telefonate. Il presidente del Consiglio nega di essere vittima di un'estorsione e a Panorama ha dichiarato: "Ho aiutato una persona (cioè Tarantini, ndr) e una famiglia con bambini che si è trovata e si trova in gravissime difficoltà economiche. Non ho fatto nulla di illecito, mi sono limitato ad assistere un uomo disperato non chiedendo nulla in cambio. Sono fatto così e nulla muterà il mio modo di essere"

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