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Le confessioni della Knox: "Rudy sa tutto e non parla"

Attraverso il legale, la presunta assassina della Kercher racconta le sue verità. "Meredith era mia amica. Nessuno mi crede"

Costanza Signorelli
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"Il mio grandissimo segreto? Ho sempre creduto di riuscire a far emergere la verità, ho sempre creduto di poter uscire da quel carcere in cui la mia vita s'è congelata. Uscire e tornare subito a Seattle, magari a novembre, per il giorno del Ringraziamento". Amanda Knox, in carcere per l'omicidio di Meredith Kercher, si sfoga attreverso il suo legale, Luciano Ghirga, in una lunga intervista al quotidiano il Messaggero. Vuole dire la sua verità, non riesce più a tener dentro i sentimenti di solitudine, di paura, di ingiustizia. "Durante il processo di primo grado - racconta la ragazza - avevo paura di entrare in quel banco sentivo tutti ostili, sentivo che quando parlavo e  piangevo, quando cercavo di spiegare che non c'ero quella notte in quella casa, tutti facevano spallucce e sorridevano beffardi". Un'ingiustizia che l'ha logorata perchè la sua verità la vede innocente ma la giustizia italiana la reputa un'assassina. "Ma adesso tutto è cambiato" confessa Amanda in riferimento alle ultime udienze in Corte d'Appello di Perugia, davanti alla quale è in corso il processo. Qualcosa è cambiato - La ragazza americana è tornata a sperare. "Ora i giudici non mi odiano più, ho qualcuno che mi ascolta senza lo sguardo greve dell'accusa. Ma ancora non tutti, qualcuno tra i giudici continua a volermi male e non lo capisco". E infatti qualcosa è successo. Il presidente della giuria d'appello, Pratillo Hellmann, ha detto basta al furore dell'accusa e ha chiuso così la possibilità di continuare a passare al setaccio l'infinitesimale Dna con cui l'ufficio del pm Comodi vorrebbe inchiodare Amanda come colpevole del delitto. In queste ultime settimane infatti la scientifica e i periti nominati dallo stesso Helmann, si sono scontrati in un duello serrato sui risultati dei rispettivi test del dna, effettuati sulle prove: il coltello e il gancetto del reggiseno. Per la polizia scientifica sul gancetto del reggiseno di Meredith ci sarebbe il dna di Raffaele Sollecito e sul coltello usato (forse) per il delitto, quello di Amanda. Diversa invece la realtà raccontata dai periti nominati dalla Corte: quel dna non può essere attribuito a nessuno perché è così poco che potrebbe essere di chiunque. La Corte, nonostante le due tesi opposte, ha stabilito che non verrà effettuata una terza perizia e che saranno sufficienti i dati già acquisiti L'amore dietro le sbarre - Amanda parla anche di come sta vivendo l'amore dietro le sbarre e di colui che, insieme a lei, divide l'esperienza da presunto assassino, Raffaele Sollecito. "Raffaele? Gli voglio bene, lui mi è sempre stato vicino, in ogni momento ho potuto contare sul suo affetto, questo è molto bello - spiega Amanda -. Amore? no, non più. Non ho più nessuno, il carcere ti azzera, ti annienta l'anima e anche gli affetti. C'era David, un fotografo, ma non c'è più. Il film su di me? Non voglio parlarne, fa parte dell'odio che voglio sconfiggere. Poi solo qualche parola su Meredith: "Pochi capiscono che lei era mia amica, io le volevo bene, non avrei mai potuto farle del male - prosegue -. Mi dispiace Per Patrick Lumumba, non ho capito cosa mi sia preso, avevo paura, ero disorientata: è vero, ho mentito, ma non ricordo perché. Rudy invece non racconta la verità, lui sa cosa è successo, ma non l'ha mai voluto dire davvero".

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