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Juve, Agnelli sfratta Del Piero Tifosi bianconeri inviperiti

Il presidente: "Bilancio peggiore di sempre e sarà l'ultimo anno di Alex". Sul web impazza la furia dei fan

Costanza Signorelli
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Si doveva parlare di futuro, stadio, programmazione e soldoni, all'assemblea dei soci Juve, sul tavolo c'era la bollente questione del bilancio, il peggiore di sempre. E se n'è parlato. Ma se il dibattito è stato a tratti anche acceso (c'è chi ha giudicato «immorale spendere 150 milioni di euro per costruire uno stadio di proprietà in una città segnata dalle grandi difficoltà della Fiat», chi ha domandato «come sia stato possibile comprare il carneade Martinez», e chi ha chiesto spiegazioni sul discutibile look della seconda maglia, rosa), la platea degli azionisti bianconeri, piccoli e grandi, è rimasta gelata quando il presidente Andrea Agnelli ha messo fine all'avventura di Alessandro Del Piero come giocatore della Juve, notizia risaputa ma dal potenziale destabilizzante, visto come è stata trattata. Ciao e grazie - Il pensionamento è arrivato con un annuncio cordiale, ma pur sempre informando che a fine stagione Alex non indosserà più il suo numero 10, forse sottolineando fin troppo che in sala ci fosse Giampiero Boniperti, «primo a metterlo sotto contratto» a 19 anni, mentre lui, Andrea, sarà stato «l'ultimo»: «L'unico legame con le recenti case della Juventus, il Comunale, il Delle Alpi, lo Stadio Olimpico e lo Juventus Stadium, è il nostro capitano Alessandro Del Piero, a cui io dedicherei un applauso in quanto ha fortemente voluto rimanere qui con noi ancora per un anno, il suo ultimo in bianconero», ha esordito Agnelli, leggendo il discorso introduttivo e ribadendo quanto dichiarato lo scorso 5 maggio, giorno del rinnovo  “in bianco” del contratto, forse perfino contro i piani della società, che ora potrebbe spalancare le porte al ritorno di Giovinco: «Era negli accordi, lo aveva detto Alessandro per primo  e oggi da parte nostra c'è stato un giusto e doveroso tributo a quello che un grande uomo e un grandissimo capitato ha rappresentato nella storia della Juventus». Se ci sarà, e quale, un futuro nel club per Pinturicchio, il presidente non si sbilancia: «A tempo debito ne parleremo». Non un riferimento a una festa d'addio, non una spiegazione di annuncio concordato. Un'uscita che ha destato sorpresa, anche oltre i confini juventini (pure Allegri del Milan s'è detto meravigliato) ma in sala c'è stato poco tempo per lanciarsi occhiate interrogative e registrare lo scontento dei tifosi sul web. L'assemblea doveva approvare i conti chiusi con una perdita di 95,4 milioni di euro, deficit che ha obbligato al robusto aumento di capitale da 120 milioni, commentato polemicamente da Agnelli con frecciate a chi lo ha preceduto al comando (vedi l'uno e trino Jean Claude Blanc) e con un implicito ma netto avvertimento a chi dovrà finalmente conseguire risultati sportivi: «Il bilancio 2010-2011 è intollerabile, il peggiore nella storia della Juve che sconta anche quattro anni di incapacità di rinnovamento, cosa che ha ingolfato il motore. Intollerabile sì, ma frutto della volontà di mantenere una Juve competitiva, grazie anche ad Exor e John Elkann». 7 punti - Il presidente, coadiuvato dall'ad Aldo Mazzia, ha dunque illustrato il piano quinquennale. Sette i punti chiave: nuova organizzazione societaria, rinnovamento della prima squadra, diversi investimenti nel settore giovanile, nuovo stadio, rafforzamento della capacità autonoma di generare ricavi, ottimizzazione degli investimenti sportivi, attento controllo dei costi. Mazzia ha fornito cifre: «Ci aspettiamo 32 milioni di ricavi dal complesso di attività del nuovo impianto (contro gli 11,5 incassati l'anno scorso dall'Olimpico, ndr), compresi i minimi garantiti e già prepagati da SportFive, e un margine positivo lordo di almeno 4,5 milioni, al netto dei costi delle spese di apertura e dell'evento di inaugurazione».Nove all'anno, invece, i milioni destinati al settore giovanile. «Il nostro unico obiettivo è tornare a vincere, in Italia e in Europa», impone Agnelli. Ma senza Del Piero. di Tommaso Lorenzini

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