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Tra Irlanda e Vaticano è gelo Dublino chiude l'ambasciata

Abusi sessuali e pedofilia, attrito tra il governo irlandese e la Santa Sede. Il cardinale Brady: "Profonda delusione"

Giulio Bucchi
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L'ambasciata di Dublino presso la Santa sede chiude i battenti. A dare  la notizia è stato ieri , con un comunicato, il ministero degli Esteri irlandese che ha reso noto di aver proceduto anche  alla chiusura dell'ambasciata irlandese in Iran e dell'ufficio di rappresentanza a Timor orientale. La motivazione ufficiale resa nota dal governo irlandese parla della necessità di “rispondere agli obiettivi del programma dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale e di mantenere le spese pubbliche a un livello accettabile. In questo contesto “il governo è stato costretto a fare dei tagli nei numerosi servizi pubblici”. Il riferimento del ministero degli esteri irlandese è al piano di salvataggio dell'Ue e dell'Fmi di 85 miliardi di euro in favore dell'Irlanda. Il governo irlandese esprime ancora grande rincrescimento per la decisione di dover chiudere le due ambasciate. Allo stesso tempo il ministero degli Esteri spiega che in effetti l'ambasciata presso la Santa Sede era una delle più antiche missioni irlandesi, ma non aveva un ritorno economico. Certo è che la decisione arriva dopo che i rapporti fra Irlanda e Santa Sede si erano gravemente deteriorati in seguito all'esplosione dello scandalo degli abusi sessuali da parte del clero che aveva avuto in Irlanda il suo epicentro europeo. Precedenti - Ma l'atterito tra Irlanda e Santa sede era già cominciato da qualche tempo.  Nei mesi scorsi il Vaticano aveva ritirato con qualche anticipo sulla data prevista il proprio ambasciatore a Dublino, monsignor Giuseppe Leanza, già incaricato di andare a Praga, al quale l'opinione pubblica irlandese chiedeva di rispondere delle responsabilità vaticane nell'insabbiamento degli scandali. Dublino, inoltre, era in attesa da tempo di nominare il nuovo ambasciatore presso la Santa Sede. Insomma, ad oggi nessuno dei due Paesi aveva ancora nominato il proprio ambasciatore. Una serie di inchieste governative - da ultimo il Cloyne report - aveva scoperchiato lo scandalo degli abusi in Irlanda e messo in luce responsabilità della Chiesa e dei governi del passato. Infine lo stesso premier in carica, Enda Kenny, aveva con un discorso al Parlamento, evocato le responsabilità del Vaticano nella copertura degli abusi. Dublino aveva chiesto nei mesi scorsi una risposta ufficiale al Vaticano. Questa è poi arrivata a settembre e, per quanto non del tutto soddisfacente per il governo, la documentazione resa pubblica dalla Segreteria di Stato sembrava l'atto che poteva chiudere la crisi fra i due Stati. I rapporti, tuttavia, erano giunti a un livello di deterioramento fortemente avanzato, tanto che, con il dilagare della crisi economica Dublino, capitale di uno dei Paesi di più antica tradizione cattolica, ha deciso di chiudere la propria ambasciata presso la Santa Sede in quanto gli interessi dell'Irlanda possono essere rappresentati anche «da un ambasciatore non residente». Insomma non si tratta di un'interruzione formale delle relazioni diplomatiche, ma di un forte ridimensionamento della qualità dei rapporti fra Santa Sede e Irlanda. Il Cardinale Brady -  Di oggi è la presa di posizione del cardinale Brady ha dichiarato: “Questa decisione  sembra tenere in scarsa considerazione il ruolo importante ricoperto dalla Santa Sede nelle relazioni internazionali e i legami storici che intercorrono da molti secoli tra il popolo irlandese e la Santa Sede". Il cardinale ha poi ricordato come “per il nuovo Stato d'Irlanda l'apertura alle relazioni diplomatiche con la Santa Sede nel 1929 sia stata un momento molto significativo. Era molto importante per affermare l'identità e la presenza dello Stato Libero d'Irlanda a livello internazionale”. “Spero - ha aggiunto - che, nonostante questo spiacevole passo, la collaborazione stretta e reciprocamente vantaggiosa tra l'Irlanda e la Santa Sede nel mondo della diplomazia possa continuare, sulla base del comune impegno per la giustizia, la pace, lo sviluppo internazionale e la preoccupazione per il bene comune. Non vedo l'ora che giunga il tempo in cui il Governo nominerà un nuovo ambasciatore accreditato presso la Santa Sede. Spero che la decisione di oggi sia rivista nel più breve tempo possibile e che possa essere affrontata nella prossima riunione tra la Chiesa e lo Stato”.

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