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Chi tifa governo tecnico: Casini, Lega e mezzo Pd

Il Capo dello Stato spingerà per un pateracchio, che il Cav non vuole. Udc scatenerà il mercato delle vacche. Mentre il Pd...

Andrea Tempestini
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Dopo aver annunciato il passo indietro vincolato al varo della legge di stabilità che cosa succederà all'Italia e al Cavaliere? Di sicuro c'è che Silvio Berlusconi è attanagliato da un incubo: quello del governo tecnico. La scelta di farsi da parte è stata presa anche per avere maggior potere negoziale: il governo legittimamente eletto nel 2008 spinge per andare subito alle urne. Il governo legittimamente eletto non vuole inciuci di palazzo, caldeggiati però dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che spingerà - non ne ha mai fatto mistero - per un esecutivo di transizione di matrice politica. Ovvero per un governo che trascini dentro frange di Partito Democratico, Udc, Futuro e Libertà ma anche del Pdl. Senza almeno 70 uomini del Pdl il governo che ha in mente il Capo dello Stato - eletto da chi? Da nessuno - non si potrebbe realizzare. Lega e centristi - In questo contesto vanno analizzate, caso per caso, le posizioni dei singoli partiti. La più chiara è quella della Lega Nord, che chiude la porta ad ogni esecutivo di emergenza e, alla pari del Cav, vuole andare alle urne il più presto possibile, magari già il 29 gennaio, la prima data utile (in verità, però, Umberto Bossi è stuzzicato dall'idea di fare opposizione a un 'governicchio' targato Napolitano, battendosi contro le misure impopolari che si appresterebbe a varare per frenare così l'emorragia di voti che colpisce il Carroccio). C'è poi l'Udc di Pier Ferdinando Casini, che vorrebbe un governo di transizione magari in grado di incastrare, tra una riforma e l'altra, pure quella elettorale. Il motivo? Se non fosse abolito il premio di maggioranza previsto dal tanto vituperato porcellum, i centristi - e con loro tutto il Terzo Polo, ovvero i finiani e Rutelli - non potrebbero mai e poi mai riuscire ad avere un peso determinante nella formazione di una nuova maggioranza. La sinistra - C'è poi il Partito Democratico, che per motivi di 'etichtta' è costretto a sostenere l'ipotesi di un governo tecnico, che però il leader Pier Luigi Bersani vorrebbe scacciare come la peste. Il Pd, infatti, se si votasse al più presto possibile potrebbe giocarsi le sue chance di vittoria alle elezioni (tutti sanno quanto la sinistra sia in grado di autodistruggere il risicato consenso nel corso di campagne elettorali e lotte fratricide alle primarie: meglio non disperdere il consenso miracolosamente raccolto). Inoltre, nonostante i proclama secondo i quali sono necessarie misure lacrime e sangue per salvare il Paese, Bersani ha paura degli attacchi che potrebbero arrivare al Pd da Nichi Vendola, costretto a stare fuori dal Parlamento mentre le camere e un governo tecnico lavorano al varo di misure che il leader di Sinistra e Libertà non esiterebbe a definire "macelleria sociale". Il mercato delle vacche - In uno scenario esplosivo, incerto e aperto a ogni possibile soluzione, resta così una sola certezza. Nelle prossime settimane, quelle che precederanno le effettive dimissioni di Berlusconi, la poltica si trasformerà in un enorme e incontenibile mercato delle vacche. Centristi e vecchi democristiani trameranno per riuscire a protare mezzo Pdl con loro, per ottenere quel consenso senza il quale il governo tecnico che Napolitano desidera non si potrebbe realizzare. Dall'altro lato della barricata, Berlusconi dovrà cercare di convincere gli stessi pezzi di Pdl a non abbandonare la barca per cercare una nuova casa politica che però tradirebbe tutto quello che avevano sostenuto fino ad oggi. Il punto è che un governo legittimamente eletto, per quanto fiaccato dalle divisioni interne, dal correntismo e dalle diverse strategie che lo hanno animato negli ultimi tormentati mesi, rischia di essere soppiantato da un esecutivo deciso a tavolino nei palazzi della politica, da un governo tratteggiato dal Capo dello Stato e da partiti tutt'oggi all'opposizione che, fino a prova contraria, non hanno alcuna legittimazione popolare. Una circostanza che deve far riflettere in un momento di crisi economica e di urgenza tanto profonda per il nostro Paese.

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