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Mezza Casta è già in rivolta... per tenersi il vitalizio

Molti deputati e senatori sono pronti a fare ricorso per bloccare il passaggio al contributivo. Boccia (Pd): fregati solo i giovani

Lucia Esposito
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Paghino tutti, giovani e vecchi. Da Francesco Boccia, Pd, e Nunzia Di Girolamo, Pdl, deputati giovani e molto affiatati parte la crociata bipartisan: tagliamo pure i vitalizi ma per tutti, dichiarano, non siano penalizzate solo le nuove generazioni. «Non è giusto che per anzianità di servizio ci siano ancora dei privilegi che non saranno toccati. Inizino Fini e Schifani a tagliarsi le pensioni maturate». La verità arriverà entro il 15 dicembre. In un incontro che si è tenuto ieri alla Camera, con i questori e i deputati dell'apposita commissione (presidente Giuliano Cazzola), si è decisa la road map sul futuro pensionistico della casta. Martedì la commissione approverà il suo documento in materia. Mercoledì si riuniranno i questori di Camera e Senato. Poi la delibera passerà il vaglio degli uffici di presidenza. Dal primo gennaio 2012 si cambia: rendita solo dopo i 60 anni e sistema contributivo come per la pubblica amministrazione. Però, dopo le tensioni, prende corpo l'idea avanzata dal questore Antonio Mazzocchi di un sistema contributivo progressivo. Perché, spiegano, il parlamentare «è l'unica categoria lavorativa che comincia con un'aliquota ed esce dal mondo del lavoro con la stessa aliquota, senza avere scatti».  Non a caso, alla riunione qualche perplessità è stata espressa per la decisione di innalzare da subito a 60 anni l'età di pensionamento di chi col vecchio sistema avrebbe goduto del vitalizio al compimento dei 50. Qualcuno, come Cazzola, avrebbe preferito innalzare quell'età in maniera progressiva. Il finiano Nino Lo Presti ha proposto di valutare la possibilità di concedere a chi «aveva costruito un'aspettativa di vita» sulla pensione a 50 anni (e la riceverà a 60), la possibilità di chiedere la restituzione dei contributi versati, ma rinunciare del tutto al vitalizio. Ad ogni modo, l'iter procede spedito nel solco della linea tracciata da Fini e Schifani, ma le polemiche non accennano a diminuire. C'è chi ha ventilato l'ipotesi di dimissioni di massa entro l'anno. Anche se dopo le sfuriate in Transatlantico, non c'è neanche un deputato che ammette di volere mollare la poltrona entro il 31 dicembre 2011 per evitare la mannaia in vigore da gennaio. Avanza, invece, il partito del ricorso:  la causa legale per mantenere lo status quo. Singola o di gruppo, perché, ragionano alcuni off the records, è sempre possibile fare ricorso se una norma viene modificata a metà strada. Tradotto: questo Parlamento, eletto nel 2008, deve arrivare a naturale scadenza nel 2013, e allora perché non rinviare i tagli dopo? Niente da fare. A Montecitorio sono furibondi: «Ci cambiano le regole del gioco e abbiamo tutto il diritto di difenderci», è la giustificazione degli irriducibili del vitalizio. Per i ricorsi sarebbero già stati ingaggiati super avvocati. Poi a deliberare sarà il collegio d'appello della Camera. Alcuni stanno pensando di procedere singolarmente, altri di fare un'azione congiunta. Gli unici fuori dal coro sono i dipietristi dell'Idv: per Antonio Borghesi, quello sui vitalizi «è solo un interventicchio che costringerà i contribuenti a pagare di più per alcuni anni». Che i più arrabbiati in materia siano gli esponenti del Carroccio è vero fino a un certo punto. Spiega Massimiliano Fedriga, componente della commissione incaricata di elaborare una proposta sui vitalizi dei deputati: «Noi siamo a favore di tutte le misure che comportano una riduzione della spesa, perciò è doveroso rivedere i vitalizi dei parlamentari. Ma porteremo avanti anche altri tipi di proposte, per smantellare tutti i tipi di privilegi, quelli che riguardano gli organi costituzionali, le presidenze delle Camere, gli alti funzionari della pubblica amministrazione». B. B.

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