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Pansa: I partiti che ostacolano il Professore sono guidati da leader che sono incoscienti

E' un suicidio: mentre il Paese affonda loro ballano. C'è chi pensa solo al suo tornaconto eleggorale (Lega, Idv, Cav)

Andrea Tempestini
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Quanto manca al Carnevale? Beh, ancora parecchio tempo. Deve arrivare Natale, poi Capodanno, quindi l'Epifania e solo dopo incontreremo il periodo più folle dell'anno. Ma da noi un po' di eccellenze pensano che il Carnevale sia già iniziato. Anzi fanno di tutto affinché si celebri in pompa magna ogni giorno, senza rispetto per il calendario. E soprattutto irridendo quanti hanno ben pochi motivi per festeggiare. Questi incoscienti, e uso una parola soffice, li troviamo nel Parlamento italiano. Sia pure, grazie a Dio, non in tutti i gruppi politici. La parola Casta mi è sempre piaciuta. E rendo onore ai due giornalisti, Rizzo & Stella, che l'hanno scagliata come un sasso contro i privilegi della partitocrazia. Quest'ultima era un'immagine creata da Giuseppe Maranini e molto diffusa nella Prima repubblica. Ma oggi dire Casta è dire ancora poco. Certi ras dei partiti meritano ben di peggio. Soprattutto per un motivo. Dovrebbero fare gli interessi del popolo italiano e invece si comportano come serial killer. Pronti ad accoppare moralmente chiunque tenti di lavorare non per la bottega di questo o di quel colore. Bensì a vantaggio di una nazione che da molti anni non si era mai trovata dinanzi al rischio di crollare e morire. GALANTUOMINI AL GOVERNO L'inverno  2011 verrà ricordato per la nascita di un governo di galantuomini, l'esecutivo tecnico di salvezza nazionale, guidato da Mario Monti. Non so se riuscirà a tirarci fuori dal coma finanziario, economico e sociale che può mandarci tutti al Creatore. Mi auguro che ce la faccia. E penso che siano tanti gli italiani che lo sperano, al di là delle loro convinzioni politiche. Non siamo un paese di aspiranti suicidi. Quando leggo sui quotidiani le lettere contrarie ai Professori mi domando sempre se chi le scrive voglia davvero vedere la baracca nazionale cadergli sulla testa. Credo di no, che non sia così. Invece non capisco l'azione testarda e criminale di quei partiti che, pur di fare il loro miserabile Carnevale, si comportano in modo immorale, e non dico di più. Il partito più carnevalista è la Lega di Umberto Bossi. Per squallidi motivi di tornaconto elettorale, ha subito sparato a palle incatenate contro Monti e il suo governo. Tuttavia, il Senatur ha un'attenuante: dal punto di vista politico, ormai è andato fuori di testa. Forse si sente alla fine della carriera, insidiato da altri capi leghisti che pure seguitano a giurargli fedeltà eterna. Ma nel mio passato di cronista anche della Lega non avevo mai visto un Bossi così sgangherato e senza lucidità.  Ha cominciato con il dire che il governo Monti faceva schifo. E il seguito delle sue invettive è stato coerente con l'esordio. Oggi, lo schifo si è tradotto in un'accusa fantapolitica, da irresponsabili: l'esecutivo tecnico è nato da un colpo di Stato, la democrazia è finita, bisogna attuare la secessione della Padania dal resto dell'Italia. Il profeta di questa nuova fase è l'ex ministro Roberto Calderoli, l'uomo dai pantaloni arancione, il colore delle divise carcerarie americane. Lui è arrivato a minacciare Monti: «Dia le dimissioni, altrimenti tanta gente la verrà a prendere a casa!». Non conosco se l'idea di attuare uno sciopero fiscale, rifiutando di pagare la nuova Ici, sia stata partorita da lui o da un trust di centurioni leghisti. Ma forse saranno proprio dei militanti della Lega a cercare Calderoli. Quando si renderanno conto che, per avergli obbedito, dovranno vedersela con le cartelle di Equitalia e le sanzioni previste per i contribuenti morosi.  Non tutti i capi leghisti ragionano come Braghe Arancioni. Penso al sindaco di Verona, Flavio Tosi, ed altri bravi amministratori locali come lui. Avevo qualche speranza in Roberto Maroni, l'ex ministro dell'Interno. Poi ho cambiato idea quando, giovedì sera, l'ho visto sulla 7 a colloquio con madama Gruber.   Aveva l'aria del furbetto che dice e non dice. Ma una sciocchezza l'ha detta: «Noi leghisti siamo l'unico baluardo della democrazia nel Parlamento italiano». Subito accompagnata da un'altra: «La nostra opposizione a Monti non ha lo scopo di guadagnare voti». Quanto fosse incancrenita la coalizione di centrodestra fra Bossi e Berlusconi lo rivelano le parolacce rivolte dal Senatur al Cavaliere: «Silvio è ricattato, solo per questo si è dimesso. Silvio ha paura e sta buono come una pecora». Per la verità l'ex premier sta buono sino ad un certo punto. Anche lui è tentato dal Carnevale anti-Monti.  Dopo i primi giorni di astinenza, gli è ritornata la voglia di comandare. Vuole la “cabina di regia”, per decidere le mosse di Palazzo Chigi. Continua a ripetere che il Pdl è sempre il primo dei gruppi parlamentari. E conserva il potere di staccare la spina al governo in qualsiasi momento. Non gli piacciono le tasse. Non piacciono neppure a me, anche se non sono per niente ricco sfondato come lui. Eppure il Cavaliere pensa soltanto ai soldi. Non gli è andata giù neppure la misura che vieta il pagamento in contanti per spese superiori ai mille euro, una norma antievasori. La sua lamentela è apparsa sul  Foglio, in un articolo brillante di Annalena Benini: «Ho ricevuto proteste vibranti da parte di tutti coloro che vendono il lusso: antiquari, gioiellieri, certe borsette… Ci sono molte volte che fai degli acquisti e non vuoi che gli altri lo sappiano, come i colleghi o la moglie. Domani parlerò con Monti sulla tracciabilità!». Silvio è ancora incerto se staccare la spina oppure no. A trattenerlo c'è soltanto l'incubo del voto anticipato e il terrore di una catastrofe elettorale. Forse dovrebbe mettersi d'accordo con un altro sfascista, Tonino Di Pietro. Il partito dell'ex Pm continua a perdere pezzi. Per questo vuole andare subito alle urne e ha votato contro il governo Monti. Spera di rubare elettori al Partito democratico. Per fare cosa non si sa. Un governo guidato dalla triade Bersani, Di Pietro, Vendola? Se fossi al posto di Tonino, non farei progetti tanto arditi.  Quando noi cronisti seguiamo il lavoro dei Professori, commettiamo un errore fatale, connaturato al nostro mestiere. Osserviamo troppo da vicino quanto accade, mentre dovremmo spingere il nostro sguardo più lontano. E proporci una domanda. Come sarà il sistema politico italiano nell'anno che sta per iniziare e nel 2013? CHE ANNO CI ASPETTA Tutto dipende dalla durata del governo Monti e dalla sua capacità di salvare l'Italia dal disastro. I casi sono soltanto due. Se Monti fallisce, le conseguenze saranno tragiche. Il paese imploderà, disintegrandosi in mille pezzi. Se invece, come mi auguro, i Professori ce la faranno, l'Italia dei partiti cambierà molto rispetto a quella di oggi. La sua mutazione sarà profonda. È  l'unica certezza che possiamo avere. Per il momento, il governo Monti non è certo un figlio di nessuno. Ha almeno un padre, il presidente Napolitano, e tre zii: Alfano, Bersani e Casini. Ma nel palazzo la sua famiglia si ferma qui. Sulla strada che sta percorrendo, tutta in salita, ci sono troppi serpenti sotto le foglie. Non sarà facile evitarli. I tanti giornali che leggo ogni mattina mi consegnano un ritratto dell'Italia che purtroppo conosco bene, ma che continua a farmi tremare. Vedo troppo odio. Troppa avversione reciproca. Troppa volgarità. Quando ho letto che un'illustre intellettuale dice del ministro Elsa Fornero che ha la faccia di una spia sovietica della Guerra fredda, ho pensato: ci risiamo! Prima o poi qualcuno ci inviterà a lottare contro il Sim, lo Stato imperialista delle multinazionali. Bancarie, ovviamente. Non importa se in quella lotta si siano già cimentate le Brigate rosse. Lasciandosi alle spalle decine e decine di morti ammazzati. di Giampaolo Pansa

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