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Ambasciatine con 40 milioni di buco: consiglieri all'estero

Dall'Uzbekistan alla Cina: i costosissimi "punti d'appoggio" delle Regioni. Per gli uffici di Bruxelles, Piemonte paga 9 mln

Andrea Tempestini
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Brilla di un'agiatezza romantica, di un signorile vezzo sabaudo, la sede europea della Regione Piemonte in via Rue de Trone 62, nel cuore della Bruxelles burocratica. Signorile. E di dimensioni aeroportuali: 400 mq in un palazzo di 2.597 metri quadrati, in parte affittati ad altri enti (compreso un piano intero della Puglia di Vendola per 1.855.0000 euro, più 600.000 euro di spese edili, comprato «perché così si risparmiano le spese dell'affitto...») per un costo lieve di 9 milioni e 246 mila euro. Poi - come documentò un'accurata inchiesta del Corriere della Sera - c'erano Toscana, Lazio, Umbria e Marche ritrovatesi tutte nello stesso edificio, a Rond Point Schuman 14. Toscana e Lazio furono le prime inquiline e ciascuna pagò ben 3.900.000 euro per circa 600 mq, più garage e cantina. Poi arrivarono Marche e Umbria, occupando un piano e dividendo la cifra per due. IL CONDOMINIO E poi, via via, tutte le altre: “Casa Abruzzo”, “Casa Campania”, “Casa Veneto”, “Casa Marche”. Un tripudio di sportelli, sedi, missioni che mai occhio umano vide. Tutto ciò è solo l'assaggio di una consuetudine - la sede estera delle Regioni nella diplomazia fai-da-te - che, solo fino all'anno scorso, faceva molto chic; e che ora, nel furore della crisi, rischia di essere ridimensionata. La notizia è che «non è più cosa» per le amministrazioni regionali le cui dependance straniere hanno prodotto un buco complessivo di circa 40 milioni. Quindi: “stretta” sulle sedi estere. La Toscana chiude tutti i sette uffici di rappresentanza - New York, Shangai, Mosca, Francoforte, Buenos Aires, San Paolo, Abu Dhabi - eccetto Bruxelles. Che, però, è appunto il palazzo di Rond Point Schuman, di fronte alla sede della Commissione europea: costo annuale circa 370mila euro. Ottimizzazione delle spese anche per la Regione Emilia-Romagna. «Le attività dell'ufficio di Sofia sono terminate a giugno e quelle dell'ufficio di Belgrado a luglio 2010», si legge nella risposta dell'assessore per la cooperazione allo sviluppo, Donatella Bortolazzi, all'interrogazione del consigliere regionale grillino Andrea Defranceschi. Certo alla Regione rossa per eccellenza rimane, oltre all'imprescindibile rappresentanza a Bruxelles, la convenzione con il consolato italiano a Gerusalemme, 42.825 euro da gennaio a settembre 2010 tra indennità riconosciute al personale e spese di funzionamento dell'ufficio; e quella con lo Stato brasiliano di Paranà, a Curitiba, 40.841 euro da gennaio a settembre per le indennità del funzionario regionale all'estero. E uno, certo, si chiede cosa faccia un funzionario emiliano a Curiba tutto l'anno, ma qui entriamo nel metafisico. Tagli alle sedi parrebbero previsti anche per l'Umbria (che rimane a Bruxelles, ma abbatte i costi di 12mila euro); e per l'Abruzzo di Gianni Chiodi, che così risponde al suo consigliere giustamente inviperito Cesare D'Alessandro: «L'azione di razionalizzazione del Governo regionale, legata soprattutto all'economia di spesa, ha portato alla chiusura di due sedi all'estero: si tratta della sede in Brasile, il cui costo mensile di gestione ammontava ad oltre 47mila euro, e della sede in Romania, che aveva un costo mensile di circa 16mila euro. Entrambe le sedi erano state aperte dalla precedente Giunta regionale guidata da Ottaviano Del Turco». Notare la pennellata finale sulle abitudini di Del Turco, che fanno molto socialisti anni '80. Rimane, naturalmente, la solita sede di Bruxelles, anche se pare vaporizzato il dirigente colà addetto, costo fisso da 200mila euro.   In Veneto, poi, Luca Zaia ha avviato una disamina costi-benefici facendo sapere che la presenza di «punti d'appoggio» del Veneto dall'Uzbekistan al Vietnam «non è onerosa» per la Regione; pure se non è dato sapere che fine abbiano fatto l'ufficio in Bielorussia, il localino in Bosnia e a Portorico, i tre «punti d'appoggio» in Romania, i quattro negli Usa e in Bulgaria e il consolato in Turchia, mitica porta d'Oriente sin dai tempi della Serenissima. Ovviamente, resta la strepitosa sede belga. SICILIA FOREVER Meglio tardi che mai, sospira il comune cittadino. Lo stesso cittadino che ciclicamente veniva colpito da travasi di bile quando, per caso, veniva a sapere che le “Antenne Piemonte”, gli uffici diplomatici di Cota, si diffondevano in Lettonia o in Corea del sud; o che la Lombardia di Formigoni era presente con i suoi point in Cina, Argentina, Russia, Brasile (ma la Lombardia, a dirla tutta, ha 10 milioni di abitanti e produce un Pil superiore a molti Stati europei). Lo stesso cittadino che s'irritava oltremodo nel constatare che la Regione Marche aveva 9 basi all'estero (quattro in Cina); o che l'allora governatore della Campania Antonio Bassolino inaugurava a Manhattan - ospite Isabella Rossellini - la sua sede in locazione per 140mila euro l'anno, visitata per lo più da Sandra Mastella e occupata tre «addetti alla promozione» nessuno dei quali parlava inglese. Per non dire degli onorevoli dell'Ars siciliana che, come in un film di Coppola, volavano allegramente e spesso nella sede istituzionale nell'Empire State Building a New York. Ed è abbastanza succosa la recente sentenza (vivaddio e per una volta Raffaele Lombardo) del Tar di Palermo, che ha respinto il ricorso del sindacato Cobas-Codir, in merito alle delibere della Giunta regionale sull'organizzazione dell'ufficio di Bruxelles. Ufficio il cui ridimensionamento (da 4 a 2 unità) era stato respinto proprio dai sindacati che, a spanne, ne avevano quantificato l'organico «in 6 dipendenti». Sei siciliani a Bruxelles. Sei, tra cui un dirigente con impellente necessità di aumentarsi l'indennità estera del 15%. La Sicilia ci dà sempre grandi soddisfazioni... di Francesco Specchia

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