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Web, la rivoluzione dei domini Da domani addio al .com

Dal 12 gennaio chi vorrà, sborsando 145mila euro, potrà avere un indirizzo con suffisso in cinese, cirillico, arabo. Paura Usa

Giulio Bucchi
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Da domani, 12 gennaio, Internet diventerà un po' più globale e un po' meno occidentale. Queste sono infatti le ultime ore di obbligatorietà per il dominio .com: tra poco, chi sarà in grado di sborsare 145mila euro per accaparrarsi un dominio, superando i rigidi controlli dell'agenzia Icann, che vigila sulle frodi virtuali, potrà creare un sito il cui indirizzo finale sarà "personalizzabile". In altre parole, largo anche a caratteri non latini, con ricorso all'alfabeto arabo, cinese o cirillico. Una scelta che, evidentemente, rischia di modificare notevolmente la geografia del web. Come impedire che un'azienda cinese preferisca avere un indirizzo in cinese e non in inglese dal momento che un miliardo di utenti si trova in Asia e 500 milioni solo nella stessa Cina? C'è tempo fino al 12 aprile per aziende, governi e comunità locali per presentare un dominio personalizzato. La "rivoluzione" è iniziata sei anni fa e verosimilmente i riflessi sul cyberspazio non si avvertiranno subito, ma il Congresso degli Stati Uniti, il più preoccupato dallo spostamento del baricentro di Internet, è già sul piede di guerra.  

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