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Il collega del vigile ucciso: "Dovevo sparare a quel suv"

Lo sfogo dell'agente. Prosegue la caccia ai killer di Nicolò Savarino, la procura ordina il silenzio stampa per non pregiudicare le indagini

Matteo Legnani
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"Avrei dovuto svuotargli il caricatore addosso, alla macchina". È lo sfogo, raccolto dal Corriere della Sera, di Gabriele Specchier, collega del vigile urbano Nicolò Savarino ucciso a Milano da un Suv che l'ha investito dopo essere stato fermato per un controllo l'altroieri. "Avrei dovuto sparare alla macchina", dice, "e invece ho cercato di aggrapparmi alla bicicletta. Non me lo perdonerò mai". Proseguono intanto le indagini di polizia locale e squadra mobile per rintracciare i killer del vigile: sarebbero due nomadi con precedenti rimasti per circa due ore sul luogo del delitto a controllare la situazione. Il pubblico ministero Mauro Clerici, titolare dell'inchiesta per omicidio volontario aperta ieri a carico di ignoti, è nel suo ufficio in procura da dove coordina gli accertamenti, in stretto contatto con il procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati. Tra gli investigatori serpeggia il malumore per quanto trapelato ieri sugli accertamenti in corso (si è parlato di due rom in fuga verso Ventimiglia e del proprietario del suv identificato ma non ancora rintracciato) e l'ordine è quello del silenzio assoluto per non pregiudicare le indagini fino agli eventuali fermi dei responsabili della morte di Savarino.

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