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Maglie demolisce Celentano Solo un finto buonista

Sanremo, il Molleggiato strizza l'occhio anche a Benigni. E intanto la Rai blocca il suo spot: "Cambiate canale"

Lucia Esposito
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Ci sarà la sempiterna profetessa Patti Smith, il chitarrista e astrofisico del Queen, sir Brian May, la jazz-funk- soul Skye dei Morcheeba, lo zingaro fascinoso Goran Bregovic,  un'italiana strafamosa negli States, la bravissima Chiara Civello, solo per citarne alcuni, a dimostrazione delle capacità serie di chi sta organizzando e scrivendo Sanremo. Serviva davvero Celentano per salvare il festival? Io dico che la vicenda stravecchia e ogni volta ripescata del molleggiato d'antan e dei suoi capricci ad usum mediatico -ci vado, non ci vado, mi vogliono non mi vogliono, faccio come mi pare, sputo su tutti e mi strapagate, però i soldi li do in beneficenza- è inutile, anzi dannosa. Quest'anno poi è venefica. Alla fine gli italiani penseranno sempre più che i soldi, almeno quelli degli altri, sono una cosa peccaminosa, riprovevole, che guadagnarne tanti è comunque sbagliato, non solo se sei un furbo e un guitto ma anche se sei un eccellente artista, che i soldi sono materia ignobile da riscattare in qualche modo catto-comunista. La politica, termine ormai tornato sinonimo di orrore e vituperio, e pazienza se in questo caso gli eletti sono anche gli azionisti, si beccherà altre palate di insulti dal mitico palco dell'Ariston di Sanremo, ha già cominciato Morandi a bacchettarli di brutto, e magari qualcuno o molti di quelli “della politica”, della odiata casta che non ha capito di correre verso l'abisso,  staranno pure seduti nelle prime file ad applaudire come neanche von Masoch si sarebbe immaginato. I sindaci prescelti staranno ansiosi in attesa della photo-op, la fotografia sorridente con i poveracci prescelti come i più poveracci delle rispettive città, e ringrazieranno piegando le terga che piegarle di più non si può, invece di dire “grazie no”, ai meno fortunati della nostra città ci pensiamo noi, il concorso di bellezza fra miserabili non lo accettiamo, pena la perdita della faccia. Infine tutto il carrozzone messo in piedi da quel furbone di Celentano e famiglia lo sosterranno gli italiani che pagano il canone Rai, con l'aggravante di foraggiare pure Gino Strada ed Emergency, che magari a qualcuno sta bene a qualcun altro no. La Rai voleva a tutti i costi Celentano a Sanremo. È certa che può far crescere gli ascolti, facendo quello che gli riesce meglio: nelle uscite degli ultimi, ormai molti, anni, ovvero il guitto, certo non facendo Fiorello. Non suona pericoloso come Grillo, fa il cantante lui e non ha messo in piedi movimenti politici, spaventa di meno la sua attitudine da guru un tanto a uscita di disco, ecologista pacifista e qualunquista. Tutti a cercare il messaggio, dove sarà mai il messaggio, come potremmo sopravvivere senza il messaggio? Il caso va però costruito, a botte di finti scontri e improbabili censure, contratti che potrebbero saltare all'ultimo, perché anche ai furboni del clan è chiaro ed evidente che l'attenzione alla sua performance non passa per le canzoni che il guru potrà cantare, che soprattutto l'entità del cachet da corrispondergli va costruita in modo diverso, originale, anche se la pantomima è sempre la stessa. Oltretutto, se uno presenta un disco nuovo di solito è pubblicità fatta a lui, l'esibizione dovrebbe essere fornita a titolo gratuito. Oltretutto, le avete sentite le anticipazioni del famoso disco? C'è la crisi, chi guadagna parecchio è potenzialmente crocifisso, perché già in tempi normali il merito è una stravaganza in Italia e non bisogna mai parlare di soldi, che sono lo sterco del demonio, figurati oggi. Ma Celentano i soldi li vuole, tanti, e vuole esibirsi alle sue condizioni, una sera o forse tutte, due minuti o più di mezzora, da solo o in compagnia, magari con Benigni e relativi costi aggiuntivi, dicendo quel che gli aggrada di chi gli aggrada, ben sapendo che il tanto evocato codice etico della Rai è come un elastico, dipende da chi tira dalla parte opposta. Si potrebbe argomentare semplicemente che va pagato perché il mercato lo richiede, perché  porta ascolti e pubblicità. Ma la Rai non sta sul mercato. La Rai è pubblica, pagata in  parte con il canone, la cui scadenza annuale è a ridosso delle spese del festival. Celentano  conosce i suoi polli. La sua performance rischia di essere rovinata dalle polemiche sui soldi, è già successo anche in assenza di crisi economica feroce negli anni scorsi, figuriamoci nel casino del 2012. Così trova il colpo di scena, destinare  la fetta più grande del suo compenso agli amichetti storici di Emergency, il resto a famiglie indigenti di sette città italiane, ventimila euro a famiglia, sempre che Celentano si degni di esibirsi per più di una sera. Il più solerte dei sindaci a rispondere  è De Magistris, Napoli, il quale si mette subito al lavoro, parole sue, per individuare la famiglia prescelta. Gli altri si accodano entusiasti, par di sentire rumore di lingua. Chissà come la troveranno questa  famiglia “miss elemosina” a Napoli, o Roma o Milano o Verona, e così via. Di certo, il  guru Celentano ha costruito sapientemente il fenomeno mediatico: ricco, buono, col “ messaggio” del quale non si può fare a meno, e se canta ancora o compita parole senza senso, pazienza. Di certo, la Rai è perennemente sull'orlo di una crisi di nervi, e ieri ha bloccato come autolesionista uno spot da una puntata di Fantastico che  riproponeva una vecchia scena nota a tutti nella quale il guru invita a cambiare canale e passare sul 5 di Mediaset. Un clima fantastico, non c'è che dire. di Maria Giovanna Maglie

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