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Prodotto interno Monti: -1,5% Italia, danno da 11 miliardi

Dal suo esordio il governo ha dato un beneficio da 4 mld grazie al calare dello spread. Ma la politica recessiva costa cara

Andrea Tempestini
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Il 17 gennaio scorso il Bollettino economico della Banca d'Italia avvisava: l'Italia è in recessione, e il Pil potrà cadere dell'1,2-1,5%. Un mese dopo - ieri - il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha corretto al ribasso quella previsione: il Pil cadrà dell'1,5% secco. Siccome la fonte è la stessa, questo significa che dall'analisi della banca centrale, le politiche adottate dal governo di Mario Monti sembrano più recessive di quanto non si temesse. Negli ultimi due mesi tutti gli istituti di analisi economica nazionali e internazionali hanno concordato sulla recessione italiana con stime molto oscillanti. La più ottimistica è stata quella dell'Abi (Pil -0,7%), più negativa quella di Prometeia (-1,7%), molto negativa quella del Fondo monetario internazionale (-2,2%), disastrosa quella fatta da Giulio Tremonti (-3%), che può avere un po' di dente avvelenato. La svolta depressiva per certi versi è stata una sorpresa.  Non si poteva dire, ma tutti la immaginavano all'indomani dell'approvazione del decreto salva-Italia. Perfino Monti e il ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, avevano riconosciuto a denti stretti che quelle misure sarebbero state recessive. Scelte in qualche modo obbligate, visti i tempi ristretti in cui dovevano essere adottate, ma sicuramente con effetti negativi sulla crescita. Nelle settimane successive però l'esecutivo è passato alla cosiddetta “fase due”, approvando il decreto legge sulle liberalizzazioni ribattezzato “cresci Italia” e quello sulle semplificazioni. Ad entrambi è stato dato grande potere taumaturgico. Tralasciando la strombazzata di Monti sulle liberalizzazioni (“faranno crescere il Pil di 10 punti), che era uno spot non sobrio e non serio da fiera paesana, resta comunque un'amara evidenza: con il “cresci-Italia” il Pil scende ancora più di prima. Economisti ed opinionisti che ben se ne erano accorti, da qualche giorno avevano iniziato a mettere le mani avanti: «vero che le liberalizzazioni serviranno, ma gli effetti non possono essere immediati. Forse ci vorrà qualche anno». Forse, e forse intervenire su settori così limitati come una fettina del trasporto pubblico (taxi), farmacie, libere professioni… servirà magari a rendere più efficienti certi settori, ma non può avere alcun tipo di effetto sul prodotto interno lordo di un paese grande come l'Italia. L'unico mercato di una certa ampiezza toccato è stato quello del gas: la separazione della rete potrà portare benefici, ma è macchinosa e lunga. Insomma, non dobbiamo tenere in alcun conto la possibilità di effetti concreti sulla crescita dalle misure contenute nel decreto “cresci-Italia”. L'unica norma lì contenuta che avrebbe potuto avere effetti immediati era quella sulla prima tranche da circa 5 miliardi di euro di pagamenti degli arretrati ai fornitori della pubblica amministrazione. Misura strombazzata ai quattro venti, ma in parte coperta con emissione di titoli del debito pubblico (e quindi con una spesa di interessi che ne mortifica parte dei vantaggi) e per la maggiore parte coperta con una partita di giro: verrà finanziata dal fondo per pagare i crediti di imposta alle imprese. Effetto complessivo sulla crescita dunque nullo. Guardando i conti pubblici italiani, dunque l'effetto complessivo dei primi tre mesi del governo Monti- contrariamente a quanto si scrive- è stato di grave danno ai conti pubblici italiani. È servito- dopo un paio di mesi- alla caduta dello spread che rendeva ogni asta dei titoli di Stato un piccolo dramma. L'effetto positivo al momento quantificabile però è di 4-5 miliardi di euro, che certo non sono pochi. Ma sull'altro piatto della bilancia c'è la caduta del Pil di un punto e mezzo. In assoluto questa significa un danno per i conti pubblici da 22-23 miliardi di euro. È chiaro che non è attribuibile tutto a Monti. Secondo le rilevazioni dell'Istat sugli ultimi due trimestri del 2011, metà di questa caduta di Pil era tendenziale (quindi dovuta a situazione internazionale e ai decreti approvati da governo Berlusconi), il resto è provocato proprio dai decreti Monti. Che quindi fino ad oggi ha dato un beneficio da 4-5 miliardi e causato un danno da 10-11 miliardi di euro. Il bilancio dunque è al momento fortemente in rosso (di circa 7 miliardi di euro). E difficilmente può cambiare segno: per stimolare la crescita in tempi rapidi come sarebbe necessario, non esiste ricetta economica che non preveda l'utilizzo di risorse dello Stato. O si fanno investimenti pubblici, o si defiscalizzano subito investimenti privati. Nell'uno e nell'altro caso servono soldi. E non ci sono. di Franco Bechis

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