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Marcello aggredito da un egiziano in metro: sei coltellate per un monopatino

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Il monopattino elettrico, frutto di un mese di lavoro, quello che ha iniziato da poco con il solito entusiasmo. E’ la mezzanotte tra sabato 10 e domenica 11 settembre, Marcello (nome di fantasia) sta imboccando i gradini della metro di Loreto. Gli occhi “spalancati” di un rapinatore, un “demonio”, l’intento deciso di sottrargli quel monopattino

Marcello vive con la sua famiglia nell’hinterland milanese. Ha 19 anni, da poco ha iniziato a lavorare presso una agenzia, il monopattino l’ha preso con i primi soldi portati a casa. E’ un ragazzo educato, tranquillo. E’ quasi mezzanotte. Marcello sta ascoltando come sempre della musica, lo skateboard è a tracolla. Quel “demonio”, all’improvviso arriva, senza motivo gli strappa il monopattino. Marcello reagisce, se lo riprende, gli chiede di lasciarlo in pace. Il rapinatore è un egiziano di 24 anni, verrà poi denunciato alle autorità competenti. Nel parapiglia, vola qualche pugno. Preponderante è la ferocia di quel “demonio”, è come “alterato”. Marcello tenta la fuga, viene raggiunto. Spunta un coltello. Sangue. Lo spingerà via, ma è troppo tardi. Le coltellate sono 6, più altre due, più superficiali. “I segni di quella lotta sono visibili, spaventosi. Solo per miracolo mio figlio è rimasto ferito in modo non grave. Ma sono stati sfiorati organi vitali, come la milza”, è il racconto del padre di Marcello.

Intanto, in quei minuti senza fine, la gente attorno è come narcotizzata, immobile. Come impreparata ad affrontare un evento del genere. Con la mano che, facilmente, affonda nel taschino, al solito telefono, per uno scatto, per un video. Non è più una Milano dal volto umano. Non si sente una richiesta di aiuto, una voce che urla e mette in allerta. Non è più una città in cui la vita di un adolescente può scorrere tranquilla. Con i pensieri al futuro, alla soddisfazione di un monopattino comperato con i soldi del nuovo lavoro. 

Marcello sale sul primo treno. Il telefono del padre di Marcello squillerà da lì a poco. “Gli ho chiesto di scendere alla prima fermata, ad Udine. Ho chiamato i soccorsi immediatamente”. Milano è diventata pericolosa per le persone “normali”. “In 20 anni - continua il padre nel suo racconto - ho visto questa città peggiorare sempre di più. Quella notte al Fatebenefratelli saranno arrivate 10 persone ferite in modo simile. Ho spiegato a mio figlio che avrebbe dovuto lasciare il monopattino e mettersi a gridare. Ma so bene che il monopattino era anche solo un pretesto”.  Marcello da una settimana è convalescente. Gli antidolorifici attenuano il dolore. Al Fatebenefratelli, durante quella terribile notte, hanno riconosciuto l’aggressore e chiamato la polizia. Aveva addosso un coltellino pieno di sangue, sono scattate le denunce. “Vogliamo una giustizia collettiva”, è il monito del padre qualche giorno dopo l’accaduto. “Una sensibilizzazione maggiore”, “la gente deve sapersi difendere, e deve sapere soprattutto aiutare”. Intanto si resta impotenti. Si resta increduli ma almeno speranzosi. Dinnanzi al menefreghismo recidivo e cieco della solita politica, si lotta per non rassegnarsi.


 

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