Cerca
Logo
Cerca
+

Pezzoni, il racconto: "Pestato a sangue perché denuncio le borseggiatrici"

Hoara Borselli
  • a
  • a
  • a

«Le borseggiatrici si sentono intoccabili dallo Stato italiano ed è per questo che delinquono indisturbate». Inizia così la nostra chiacchierata con Matthia Pezzoni, un ragazzo che dal 2016 è attivo nella metropolitana di Milano per segnalare la presenza delle borseggiatrici e mettere in guardia i passeggeri. Il 23 Gennaio 2023 fonda il “Comitato Sicurezza X Milano”. Sabato sera è stato pestato a sangue, dieci i giorni di prognosi.

 

 

 

Matthia ci racconta cosa è accaduto?
«Stavo per rientrare a casa, erano circa le 21.30 e mi trovavo sulla banchina Duomo, in attesa della metro, direzione Comasina. All’improvviso ho riconosciuto delle borseggiatrici, anche loro in attesa della metro per cercare di mettere a segno un altro scippo».

Da cosa ha capito che erano borseggiatrici?
«Erano quattro donne. Le “storiche” che conosco benissimo perché ormai le vedo all’opera da anni».

A quel punto cosa ha fatto?
«Immediatamente ho tirato fuori il telefono e ho iniziato a filmarle. Ho anche avvisato i passeggeri intorno a medi fare attenzione alle loro borse e portafogli. Una delle quattro borseggiatrici è entrata nel vagone per poi uscire immediatamente, èvenuta verso di me e mi ha colpito il telefono perché non voleva essere ripresa. Tutte e quattro le donne si sono poi allontanate. Una di loro si è girata di scatto, lanciando una bottiglietta d’acqua nella mia direzione, facendomi capire che non aveva gradito la mia presenza. Avevo rovinato il loro piano di attacco».

Quindi lei ha pensato che se ne fossero definitivamente andate.
«Esatto, ma non era così. Una delle quattro donne è ritornata verso di me e appena si è accorta che anche le altre la stavano raggiungendo, ha iniziato ad aggredirmi con sberle, calci e pugni. Si sono immediatamente unite anche le altre, con in più un ragazzino minorenne. Avrà avuto all’incirca dodici, tredici anni, ben coperto per non farsi riconoscere dalle telecamere, ed è stato quello che mi ha sferrato il cazzotto fortissimo sotto l’occhio. Ho iniziato a sanguinare. L’agente di stazione ha avvisato la polizia, è stata chiamata l’ambulanza. All’ospedale mi hanno riconosciuto una prognosi di dieci giorni».

Lei, mettendo a rischio la sua persona, da circa sette anni cerca di contrastare questa forma di delinquenza. Ha sventato molti scippi?
«Sì moltissimi, ed è per questo che loro mi odiano. Non riesco a voltarmi dall’altra parte davanti alla delinquenza. Io per queste donne sono un elemento di impaccio e sabato hanno cercato di farmelo capire con la violenza, approfittando del fatto che ero da solo».

Ha notato qualche cambiamento in questi anni, nell’approccio che hanno le borseggiatrici?
«Certamente sì. Sono diventate più aggressive. Tutto è cambiato da quando abbiamo iniziato a diffondere i video sui social. Spesso i passeggeri le riconoscono e allertano della loro presenza. Vengono aggrediti fisicamente».

 

 

 

Ha suscitato una forte polemica il post della consigliera comunale del Pd Monica Romano, poi rimosso, contro coloro che filmano e diffondono sui social le immagini delle borseggiatrici perché è importante tutelare la loro privacy.

«La privacy dei delinquenti non va tutelata. Chiunque delinque, per me, va sbattuto sui social e sui siti web. Renderli riconoscibili è un mezzo per allertare le persone. La cosa paradossale è sostenere che noi compiamo un atto di violenza postando le loro foto. Basta vedere quello che è capitato a me per capire dove stia la violenza. Purtroppo una certa classe politica, a sinistra, ha difficoltà a capire da che parte stiano i buoni e da quale i cattivi».

C’è un episodio particolare che le è rimasto impresso?

«Sì, quando hanno scippato una ragazzina su una sedia a rotelle che era insieme alla sorella e alla mamma. Io mi chiedo, ma come puoi fare una cosa così? Non potrò mai dimenticare quella scena».

Si dice che spesso queste borseggiatrici utilizzino la gravidanza come escamotage per aggirare la legge ed evitare di pagare per i loro reati con la galera.

«Le dico solo che le quattro donne che mi hanno aggredito erano tutte incinte. Quando non sono gravide sono tranquille, fanno i pali, appena spunta la pancia tornano all’azione. In gravidanza sanno di essere intoccabili. Personalmente le metterei in galera e appena partoriscono farei portare via loro i bambini perché sono povere vittime di un sistema delinquenziale a cui dovremmo sottrarli».

Dopo questo episodio che le è accaduto, pensa di lasciar perdere o andrà avanti con questo suo impegno di denuncia?

«Se io dovessi fermarmi in questo momento, farei vincere loro. Non mi fermo, convinto più di prima. Questo sistema di delinquenza deve essere contrastato. Ciò che mi è accaduto ne è un’ulteriore conferma».

 

 

 

Dai blog