Da una parte c’è la linea barricadera della Lega («muoviamoci a trovare il candidato sindaco» per Milano «e giochiamo meno a nascondino», afferma il capogruppo della Carroccio al Senato, Massimiliano Romeo), dall’altra quella tattica del presidente dell’Aula di Palazzo Madama, Ignazio La Russa («sicuramente la giunta Sala ha dimostrato di non essere adeguata»). Nel mezzo, non potendo mancare una terza posizione, c’è Forza Italia, che invita alla riflessione («Vogliamo costruire rapidamente una candidatura forte», ma «non siamo quelli delle piazze con monetine o cappi in mano», sottolinea Alessandro Sorte, deputato di Forza Italia e segretario regionale del partito in Lombardia), con il supporto di Noi Moderati («Il centrodestra deve preoccuparsi di individuare rapidamente candidati e progettualità per Milano», afferma Mariastella Gelmini, senatrice di Noi Moderati»).
Ma da qualunque parte la si voglia prendere è del tutto evidente che la tempesta perfetta che ha investito Milano, con l’inchiesta della Procura sull’urbanistica, con il sindaco, Beppe Sala, indagato e la richiesta dei domiciliari per l’assessore Giancarlo Tancredi, ha portato il centrodestra a sentire «l’odore del sangue», e il gioco delle posizioni è solo e soltanto un meccanismo tattico di posizionamento, legato agli umori del proprio elettorato. Perché la sintesi è una e una sola: se la giunta Sala cade, il centrodestra ha la storica occasione di riprendersi Palazzo Marino, sede dell’amministrazione comunale del capoluogo lombardo. Non a caso l’opposizione meneghina, al netto dei tatticismi dei vertici, è andata subito in pressing su Sala, chiedendone pubblicamente le sue dimissioni, con tanto di manifestazione in Consiglio comunale, a Milano. Fratelli d’Italia e Lega hanno esposto cartelli con la scritta “Dimissioni. Liberate Milano”.
Ilaria Salis perde il controllo: "Milano? E' il capitalismo"
Ci mancava solo l’analisi di Ilaria Salis. Eccola. L’eurodeputata di Avs è intervenuta sull’ind...Il partito della premier ha anche portato al centro del parlamentino milanese degli scatoloni di cartone, per «il trasloco della giunta», a cui chiedono un passo indietro, «a tutta la giunta, non solo al sindaco», ha scandito il capogruppo, Riccardo Truppo. In Aula anche un pubblico piuttosto rumoroso, tanto pronto ad applaudire le opposizioni quanto a contestare la maggioranza con “buh” e inviti ad «andare a casa». «Non ci sono i protagonisti qui», ha detto il capogruppo della Lega, Alessandro Verri, riferendosi a Sala e Tancredi, «se non ha commesso niente venga in Aula e ci metta la faccia. Noi siamo garantisti sempre ma crediamo che ci sia un problema politico, di capacità di gestione. Il sindaco rassegni il mandato perla sua gestione fallimentare della città e ci ridia Milano».
Perché il punto è proprio quello: non l’inchiesta, ma la cattiva gestione della città. Le dimissioni della giunta Sala «le chiedo per il suo operato, per la visione della città. Ma non chiederei mai le dimissioni né di Sala né degli assessori per questioni legate alla giustizia: sono garantista con gli amici e con gli avversari, a tutti i livelli», sottolinea la ministra del Turismo, Daniela Santanchè. «Trovo che la giunta abbia lavorato molto male, dal punto di vista politico il mio giudizio è assolutamente pessimo, doveva già andare a casa tempo fa», chiosa l’esponente di FdI, dimostrando la perfetta sintonia con il presidente del Senato. «Non sono contento che ci sia bisogno della magistratura, sarei stato più contento se, autonomamente, la politica avesse capito che quel percorso era sbagliato», afferma Ignazio La Russa, ma «non tocca a me dire se Sala si debba dimettere» da sindaco. «Io non chiedo mai le dimissioni quando inizia un procedimento che peraltro non so fino a che punto lo riguardi personalmente», ma «sicuramente La giunta Sala ha dimostrato di non essere adeguata a Milano», chiosa la seconda carica dello Stato, «mi auguro che quando si voterà questo sarà chiaro. Ma per adesso ricordo solo che quello che chiamavano Salva-Milano era Salva-giunta Sala, come ho detto solo io».
E proprio perché l’esponente meloniano evoca il voto come strumento, senza agitare carte bollate o manette, il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, mette sul piatto i temi sui quali ragionare. «Il vero problema di Milano è che, con il governo della sinistra, sono state forzate tutte le procedure e violati gli strumenti di pianificazione per trasformarla da meravigliosa città interclassista buona per tutte le fasce sociali (e specialmente per il ceto medio) a città per ricchi», sottolinea l’esponente meloniano, «ancora una volta gli eredi di Berlinguer puntano a servire i circuiti esclusivi dell’aristocrazia economico finanziaria». Ed è proprio su questi temi che il centrodestra, per battere la sinistra, deve ragionare...
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