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Pietro Senaldi: l'Ordine dei giornalisti processa Libero perché racconta la realtà

Cristina Agostini
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All'Ordine dei giornalisti mi vogliono bene. Ieri mattina mi hanno recapitato sulla scrivania quattro (!!!!) convocazioni per altrettanti procedimenti disciplinari che hanno aperto nei miei confronti in quanto direttore responsabile di Libero. Però sono stati gentili, li hanno raggruppati tutti nell' arco di una mattinata. Immagino per farmi risparmiare tempo, non per agitarmi né per rendermi affannosa la difesa. Li ricambio dell' affetto e non li accuso di volermi intimidire perché ci tengo a risparmiarmi il quinto. Leggi anche: Pietro Senaldi e gli auguri a Libero: da redattore a direttore in 15 anni Si sono assegnati quattro calci di rigore di fila confidando nella statistica: almeno un paio entreranno. D' altronde, siamo il Paese del compromesso: se ti incrimino quattro volte in un giorno, parrebbe brutto che la facessi sempre franca. Ci vorrebbe una corte super partes perché accadesse, invece l' Ordine ha questa particolarità: ti incrimina e ti giudica allo stesso tempo, cosa che neppure nelle corti islamiche o in Cina. Non mi resta che confessare. Il primo procedimento è perché Libero ha sentito il sondaggista Piepoli ma poi ha attribuito l'intervista a Pagnoncelli. Un brutto errore, fatto da un giovane collega, per il resto molto bravo. Succede come a quelli che lasciano il figlio in auto. Il cervello ti si chiude, sei convinto di aver fatto una cosa e invece ne hai fatta un' altra. Già ma io che c'entro? Posso verificare di persona tutto ciò che scrive ciascun mio giornalista? L'indomani ci siamo scusati fino allo sfinimento con Pagnoncelli, pubblicando rettifiche in ognuno dei nostri mezzi di informazione. Peraltro, per l'autorevole capo dell'Ipsos, l'incidente penso sia chiuso, visto che mi ha rilasciato un paio di settimane fa diecimila battute d'intervista, delle quali non ha smentito neppure una virgola. Lo ringrazio, anche perché non è uomo che parli spesso né a tutti. Non è chiuso però per l' Ordine, che vuol riaprire la questione. VERSIONE UFFICIALE - Seconda colpa è aver pubblicato, alla lettera, il verbale dei carabinieri che descriveva lo stupro efferato di una turista polacca da parte di un gruppo di extracomunitari. Le espressioni riportate da Libero sono ritenute troppo crude. La cronaca va bene, ma quando c' è uno stupro evidentemente bisogna sforzarsi di edulcorare, meglio sorvolare sui dettagli, d' altronde uno non compra mica il giornale per sapere quello che succede e magari farsi un' opinione di conseguenza. Noi siamo dalla parte dei carabinieri e ci fidiamo di loro. L' Arma ha scritto un verbale pubblico, parlando di «doppia penetrazione» e noi l' abbiamo dato alle stampe. Tutto vero, e con il massimo rispetto per la ragazza, della quale non abbiamo pubblicato il nome né l' età o altri particolari che potessero renderla individuabile. Perché l' Ordine ci processa? Non si fida dei carabinieri? Ritiene abbiano lavorato male? Se la prenda con loro allora. Noi abbiamo reso un servizio alla verità, senza offendere nessuno. Nessuna opinione, solo fatti e solidarietà per la vittima, che infatti non si è mai lamentata con noi. Anche qui però l' Ordine si fa avvocato delle cause altrui. Terza stazione della mia via crucis professionale, il titolo al pezzo di Farina su Asia Argento e il produttore hollywoodiano Weinstein: «Prima la danno via e poi piangono». Siamo colpevoli di aver fatto notare che vent' anni tra uno stupro, stavolta senza penetrazione, e la denuncia di esso sono un tempo ragguardevole, specie se inframmezzato da una relazione sentimentale tra vittima e carnefice, condita anche con qualche contratto. Non siamo gli unici ad averlo fatto notare, però siamo gli unici che vanno a processo. Stravagante. Nel frattempo è successo di tutto. Asia è diventata una paladina delle battaglie femminili, ha firmato ricchi contratti e ci ha querelato e insultato come lei sa fare. Non ci siamo strafatti né suicidati per questo, e neppure l' abbiamo querelata. Cionondimeno andiamo a processo, solo perché abbiamo scritto che la signora non è la testimonial più adatta a rappresentare le donne abusate dagli uomini. Cerco un' attenuante: forse, al di fuori dello star system, molte donne la pensano come noi. L' ultima rogna la devo alla mia, peraltro timida, passione per il motociclismo. Alla vigilia di un gran premio ho pubblicato un video scherzoso in cui invitavo Valentino Rossi a sbattere fuori pista il rivale Marquez per far vincere il mondiale all' italiano Dovizioso. «Se lo fai, ti regalo la mia moto» ho detto buttando sul tavolo le chiavi. Chiaramente uno scherzo. Siamo seri, io la moto non la regalo a nessuno. Mica mi credo Lucio Battisti. Tantomeno penso di poter condizionare Valentino Rossi in pista. FUORI DAL CORO - Non sono mai stato paranoico e non credo che qualcuno ce l' abbia con me. Ne sarei onorato, ma non conto così tanto. Però il dubbio di essere finito nel mirino in quanto direttore di Libero, giornale fuori dal coro e politicamente scorretto, mi è venuto. Rischio una quadrupla penetrazione per errori materiali altrui, documenti pubblicati, opinioni condivise da mezzo mondo, scherzi. Mi processano perché Libero opera alla luce del sole. Se poi invece qualche altro collega scrive balle, riporta intercettazioni inesistenti che restano appiccicate per sempre alle persone (ricordate il «Merkel culona inchiavabile»?), dà notizie di inchieste smentite l'indomani dai pm (come quella sulla vendita del Milan ai cinesi), parla di emergenza fascismo perché un esponente di CasaPound apre un pub e un ristorante a Milano, l'Ordine non si muove. Ho scritto migliaia di articoli senza essere querelato una sola volta. Ho intervistato banchieri, politici, imprenditori, ministri, preti, colleghi di ogni fede e parrocchia senza mai una rettifica. Partecipo quasi tutti i giorni a talkshow televisivi senza che nessuno mi abbia mai preso in castagna. Non credo di essere un problema per l'Ordine dei giornalisti; casomai un vanto. di Pietro Senaldi

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