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Genova, Franco Bechis: il Ponte Morandi era ancora aperto per colpa della sinistra

Cristina Agostini
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Il ponte progettato dall' architetto Riccardo Morandi e realizzato da Dante Rossi negli anni Sessanta sul viadotto Polcevera dell'autostrada di Genova fu considerato a rischio da chi gestiva l'infrastruttura nel lontanissimo 1994. Fu la società Autostrade per l' Italia che ancora oggi gestisce la tratta, ma all'epoca era di proprietà pubblica, a lanciare l'allarme: il ponte era stato immaginato per un transito di 20 mila autovetture al giorno, e già all'epoca ne passavano più di 60 mila, il triplo di quello per cui era stato pensato. Si stanziarono subito 40 miliardi di vecchie lire per un intervento di emergenza e fu approvato il piano di quello che all'epoca si chiamava il «passante di Genova»: un progetto di alternativa viaria a quel ponte, in modo da distribuire il traffico su più varianti. Leggi anche: Perché i Benetton possono salvarsi. Crolla il ponte? Quanti miliardi dobbiamo dargli di risarcimento Fu approvato dal governo dell' epoca (quello di Silvio Berlusconi), furono fatti i bandi di gara, assegnate le commesse alle aziende vincitrici, e se tutto fosse andato come doveva, questo 14 agosto non avremmo assistito alla spaventosa tragedia del ponte che si piega in due e trascina nell' inferno chiunque fosse sopra e sotto. Ma arrivò un altro governo, quello di Romano Prodi e un ministro dei Trasporti sensibilissimo alle proteste liguri contro i nuovi lavori: Claudio Burlando. All' epoca non esistevano i comitati no Tav e no Tap, e nemmeno chi all' interno del M5S dava loro corda: nessuno era ancora nato. Ma la loro funzione era egregiamente svolta dalla sinistra radicale, guidata da Rifondazione comunista che era un pilastro essenziale del governo Prodi. Non si sa se per convinzione sua o per salvare il governo, Burlando bloccò il passante che si stava costruendo. Alla società Autostrade non restò che obbedire al proprio azionista, bloccare i lavori e pagare pure le penali alle imprese che avevano iniziato inutilmente i lavori dopo avere vinto regolare gara. Così il ponte Morandi dovette sbuffare e continuare a sopportare il traffico che mano mano aumentava e raggiungeva volumi quattro volte superiori a quelli per cui era stato progettato. La storia di questi ultimi 20 anni è iniziata lì ed è proseguita nello stesso modo, perché tutti - proprio tutti - sapevano che il ponte non avrebbe retto a quello che passava sopra, e sapevano pure che quel punto nevralgico di Genova aveva la massima concentrazione di traffico di tutta Italia, superiore anche a quella che ha reso necessario il passante di Mestre. PIEDE IN DUE SCARPE - La società Autostrade divenne privata, il passante venne inserito dal governo di Silvio Berlusconi nella legge obiettivo fra le grandi opere necessarie, il suo nome mutò in "Gronda" e ne ipotizzarono più varianti a seconda se passasse a levante a ponente o addirittura a Nord. Chi voleva farla si divideva nel paladino dell' uno o dell' altro progetto, chi non voleva protestava e bloccava i cantieri. Risultato: il progetto era adottato dal governo e sempre avversato da qualcuno degli enti locali, il cui parere era vincolante in conferenza dei servizi. La società Autostrade presentò ben 5 progetti, e quando sembrava un gioco da ragazzi partire con i lavori si mise di traverso la futura Pd Marta Vincenzi, che all' epoca era presidente della provincia di Genova: «Quei progetti? Non va bene nessuno dei cinque». E si ricominciò da capo. Stessa cosa anni dopo con il no del sindaco arancione di Genova, Mario Doria. E con Burlando - lo stesso che lustri prima aveva mandato a gambe all' aria tutto - a difendere questa volta il passante. Il Pd ha tenuto sempre il piede in due scarpe, fino a quando in una delle due non ha trovato i grillini, e allora è finito tutto compatto nell' altra scarpa. Ma quando era difficile insistere sulla Gronda, scese in campo anche un ex della Margherita, Alessandro Repetto, che sei anni fa provocò i suoi così incerti: «Non vorrei fare l' uccello del malaugurio, ma il ponte Morandi crollerà, e allora tutti avremmo sulla coscienza i no di oggi alla variante...». Purtroppo aveva ragione, ma le fronde che hanno evitato la messa in sicurezza di quel tratto di autostrada ligure sono state numerose e inattese. Fra queste la più clamorosa nel 2009 fu quella di Ansaldo Energia del gruppo Finmeccanica, che sostenne che il progetto Gronda metteva a rischio 2.800 posti di lavoro lì perché le loro fabbriche avrebbero dovuto essere spostate da dove erano: sotto il ponte Morandi. Meglio rischiare tutti di morire come è accaduto ieri, piuttosto che sospendere l' attività produttiva e spostarsi di qualche centinaio di metri (cosa che comunque ora sarà inevitabile). Lungimiranti i manager, e ovviamente anche i sindacati che all' epoca si tuffarono felici come Pasque su quella linea del nimby. La storia è sempre stata questa fino ai più recenti comitati no-Gronda sostenuti da esponenti del M5s ligure ed ospitati spesso sul blog di Beppe Grillo. A dire il vero sono stati gli unici oppositori al progetto a non contare un due di picche, perché finalmente con la loro opposizione tutti gli altri politici sono riusciti a fare fronte comune e il progetto del passante di Genova è stato approvato nel settembre 2017 e ha avuto solo un paio di mesi fa il via libera definitivo da parte della Unione europea, ma i cantieri si sarebbero aperti solo nel 2019 e l' alternativa a ponte Morandi sarebbe stata effettiva solo nel 2028-2029, dopo un investimento di 4,3 miliardi di euro. GIALLO MANUTENZIONE - Mentre si discuteva delle alternative certamente sono stati spesi fondi per la manutenzione ordinaria della società Autostrade, anche in quella tratta come ha sostenuto ieri la società in un comunicato di incredibile freddezza in cui non c' era manco un pensiero per le vittime. Anche la manutenzione ordinaria non ha avuto grandi fortune: era in corso sul ponte nel febbraio scorso, ma una raffica di vento più forte delle altre ha fatto volare le impalcature fermando i lavori. Però è la manutenzione straordinaria quella utile al ponte collassato ieri, e su quanta ne sia stata fatta c' è davvero ancora parecchio mistero. Di sicuro non abbastanza, perché ieri quel ponte è collassato e non è accaduto per un fenomeno straordinario come un terremoto. E nemmeno - come qualcuno ieri pareva sostenere - per lo spostamento d' aria di un fulmine che non ha spostato né un uomo né un mezzo né una tegola di un tetto nei dintorni... di Franco Bechis

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